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O lieta piaggia, o solitaria valle,
o culto monticel che mi difendi
l’ardente sol con le tue ombrose spalle;
o fresco et chiaro rivo che discendi
5nel bel pratel tra le fiorite sponde
e dolce ad ascoltar mormorio rendi;
o se dryade alcuna si nasconde
tra queste piante, o s’invisibil nuota
liggiadra nimpha ne le gelide onde;
10o s’alcun fauno qui s’aventa et arruota,
o contemplando stassi alta beltade
d’alcuna diva a mortali occhi ignota;
o nudi sassi, o malagevol strade,
o tenere erbe, o ben nutriti fiori
15da tepide aure et liquide rugiade,
faggi, pini, genevri, olive, allori,
virgulti, sterpi o s’altro qui si trova
c’habbia noticia de’ mie’ antiqui amori,
parlar, anzi doler, con voi mi giova:
20che, come al vecchio gaudio, testimoni
mi siate anchora alla mestitia nova.
Ma pria che del mio mal oltra ragioni
dirò ch’io sia, quantunque de’ mie’ accenti
vi devrei esser noto ai primi suoni:
25ch’io solea i mei pensier lieti et contenti
narrarvi, et mi risposoro più volte
li cavi sassi alle parole attenti.
Ma stommi in dubio che l'acerbe et molte
pene amorose sì m’habbiano afflitto
30che le prime sembianze mi sien tolte.
Io son quel che solea, dovunque o dritto
arbor vedeva, o tuffo alcun men duro
de la mia dea lasciarvi il nome scritto;
io son quel che solea tanto sicuro
35già vantarmi con voi che felice era,
ignaro, ohimé, del mio destin futuro.
S’io porto chiusa la mia doglia fera
morir mi sento, e s’io ne parlo, acquisto
nome di donna ingrata a quella altiera.
40Per non morir revelo il mio cor tristo,
ma sol a voi, ch’in gli altri casi miei
sempre mai fidi secretari ho visto.
Quel ch’a voi dico ad altri non direi:
io credo ben che restaran con voi
45come già i boni, hor li accidenti rei.
Quella, ohimé, quella, quella, ohimé, da cui
con tant’alto principio di marcede
tra i più beati al ciel levato fui,
che di fervente amor, di pura fede,
50di strettissimo nodo da non sciorse
se non per morte, già speme mi diede;
hor non m’ama, né prezza, et odia forse,
et sdegno et duol credo che ’l cor le punga
ché ad essermi cortese unqua si torse.
55Una dilatïon già mi era lunga
d’una notte intermessa, et hor, ahi lasso,
il mio contento a misi si prolunga.
Né se scusa ella che non mi apra il passo
perché non possa, ma perché non vole:
60et qui si ferma et io suplico a un sasso,
anzi a una crudel aspide che suole
atturarsi l’orecchie, acciò placarse
non possa per dolcezza di parole.
Non pur al suavissimo abbracciarse
65de l’amorose lotte, e ai dolci furti
le dolce notte a ritornare son scarse,
ma quelli bacci anchora, a’ quai risurti
miei vital spirti son spesso da morte,
mi niega, o mi dà a forza, secchi et curti.
70Le belle luci, ohimé, questo è il piu forte,
si studian che di lor men fruir possa,
poi che si son di più piacermi accorte.
Così quando una et quando una altra scossa
dà per sveller la speme di cui vivo,
75per cui morrò se fia da me rimossa.
O di voi ricco, donna, o di voi privo
esser non può che più di me non v’ami
et me, per voi sprezzar, non habbia a schivo,
sì che pel danno mio ch’io mi richiami
80di voi, non vi crediate: più me spiace
che questo troppo il vostro nome infami.
Ogni lingua di voi serà mordace,
se s’odi mai ch’un sì benigno giogo
rotto habbia o sciolto il vostro amor fugace.
85O non legarlo, o non scior fin al rogo
dovea ché in ogni caso, ma più in questo,
mal dopo il fatto il consigliarse ha luogo.
El pentir vostro esser dovea più presto,
et se ben d’ogni tempo non potea
90se non molto parermi acre et molesto,
et voi non potevate se non rea
esser de ingratitudine, se tanta
servitù senza premio si perdea,
pur io non sentirei la doglia quanta
95la sento per memoria di quei frutti
ch’hor mi niega d’accor l’altiera pianta.
L’esserne privo causa maggior lutti,
poi ch’io n’ho fatto il saggio, che non fora,
s’havuti ognhor n’avesse i denti asciutti.
100D’ingrata et di crudel dar nota alhora
io vi potea; d’ingrata et di crudele,
ma di più, dar di perfida posso hora.
Hor queste sieno l’ultime querele
ch’io ne faccia ad altrui; non men secreto
105vi serò ch’io vi sia stato fedele.
Voi, colli et rivi et nimphe et ciò ch’a drieto
ho nominato, per Dio, quanto io dico
qui con voi resti, così sempre lieto
stato vi serbi ogni elemento amico.