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O ne’ miei danni più che ’l giorno chiara,
crudel, maligna et scelerata notte,
ch’io sperai dolce et hor trovo sì amara!
Sperai ch’uscir da le cimerie grotte
5tenebrosa devessi, et veggio c’hai
quante lampade ha il ciel teco condotte.
Tu, che di sì gran luce altiera vai,
quando al tuo pastorel nuda scendesti,
Luna, io non so s’havevi tanti rai:
10rimembriti il piacer ch’alhora havesti
d’abbraciar il tuo amante, et altro tanto
conosci che mi turbi et mi molesti!
Ah, non fu perhò il tuo, non fu già quanto
serebbe il mio, se non è falso quello
15di che il tuo Endimion si dona vanto;
ché non amor ma la mercé d’un vello,
che di candida lana egli t’offerse,
lo fe’ parere agli occhi tuoi sì bello.
Ma se fu amor che ’l freddo cor t’aperse
20et non brutta avaritia, come è fama,
lieva le luci a’ miei desiri adverse:
chi ha provato amor scoprir non ama
suoi dolci furti, ché non d’altra offesa
più che di questa amante se richiama.
25Oh che letitia m’è per te contesa!
Non è assai che Madonna mesi et anni
l’ha fra speme et timor fin qui suspesa?
Oh qual di ristorar tutti i mei danni,
oh quanta occasione hora mi vieti,
30che per fuggir ha già spiegati i vanni!
Ma scopri pur finestre, usci et pareti:
non havrà forza il tuo bastardo lume
che possa altrui scoprir nostri secreti!
Oh incivile et barbaro costume,
35ire a questa hora il populo per via
ch’è da ritrarsi alle quïete piume!
Questa licentia solo esser devria
a li amanti concessa et prohibita
a qualunque d’Amor servo non sia.
40O dolce sonno, i miei desiri aita!
Questi lincei, questi argi, c’ho d’intorno
a chiuder gli occhi et a possar invita.
Ma priego et parlo a chi non ode, e il giorno
s’appressa intanto, et senza frutto, ahi lasso,
45hor mi lievo, hor m’accosto, hor fuggio, hor torno.
Tutto nel manto ascoso a capo basso
vo per intrar; poi veggio apresso o sento
chi può vedermi et m’allontano et passo.
Che deb’io far? che posso io far tra cento
50occhi, fra tanti usci et finestre aperte?
Oh aspettato invano almo contento!
Oh disegni fallaci, oh speme incerte!