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De sì calloso dosso et sì robusto
non ha né dromedario, né elephante
l’odorato Indo o l’Ethiope adusto
che possa star, non che mutar le piante,
5se radoppiata gli è la soma, poi
che l’ha qual può patir, né può più inante.
Non va legno da Gade a i liti eoi
che di quanto portar possa non habbia
prescritti a punto li termini suoi:
10se, stivato di merce, anco di sabbia
più si rigrava et più, si caccia al fondo,
tal che né antena non appar, né gabbia.
Non è edificio, né cosa altra al mondo
fatta per sostentar che non ruine
15quando superchia le sue forze il pondo.
Non val corno, né acciai di tempre fine
a l’arco, et sia anchor quel ch’uccise Nesso,
che non si rompa a tirar senza fine.
Ahi, lasso, non è Atlante sì difesso
20dal ciel, Ischia a Tipheo non è sì grave,
non sotto Ethnos Enchelad’è sì oppresso,
come mi preme il gran peso che m’have
dato a portar mia stella o mio destino,
et che a principio sì m’era suave.
25Ma poi ch’io fui con quel drito a camino,
l’accrebbe ad ogni passo et accresce anco,
tal ch’io ne vo non pur incurvo et chino;
non pur io me ne sento afflitto e stanco,
ma se de più sol una dramma leve
30giunta mi sia, verrei subito a manco.
La nave son che, assai più che non deve
piena et grave, sen va per troppo carco
nel fondo onde mai più non se rileve.
Son quello oltra il dever sempre teso arco
35che per rompermi sto, non per ferire,
〈se di tirar l’arcier non è più parco〉.
Meta è al dolore quanto si può patire,
tal che ogni poca alteration che faccia
lo muta in spasmo et ne fa l’hom morire.
40Stolto serò quando io perisca et taccia
sotto il gran peso intolerando et vasto,
sì che dirò prima che oppresso giaccia,
c'ho fatto oltra il poter e a più non basto.