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Qual son, qual sempre fui, tal esser voglio,
alto o basso fortuna che mi rote,
o siami Amor benigno, o mi usi orgoglio.
Io son di vera fede imobil cote,
5che ’l vento indarno, indarno il flusso alterno
del pelago d’amor sempre percote:
né già mai per bonaccia, né per verno,
di là dove il distin mi fermò prima,
luoco mutai, né mutarò in eterno.
10Vedrò prima salir verso la cima
de l’alpe i fiumi e s’aprirà il diamante
con legno, o piombo, e non con altra lima,
che possa il mio distin mover le piante
se non per gire a voi, che possa ingrato
15sdegno d’Amor rompermi il cor costante.
A voi di me tutto il dominio ho dato:
so ben che da la mia non fu mai fede
meglior giurata in alcun nuovo stato.
Et forse havete più ch’altri non crede,
20quando né al mondo il più sicuro regno
di questo, re né imperator possiede.
Quel ch’io v’ho dato ancho difesso tegno:
per questo voi né ad assoldar persona,
né de riparo havete a fare disegno.
25Nessuno, o che m’assalti o che mi pona
insidie, mai mi trovarà sprovista,
o mai d’havermi vinta havrà corona.
Oro non già, che i vili animi acquista,
mi acquistarà, né setro, né grandezza
30ch’al sciocco vulgo abbagliar suol la vista;
né cosa che mova animo a vaghezza
in me potrà mai più far quella prova
che ci fè il valor vostro et la bellezza.
Sì ogni vostra manera se ritrova
35scolpita nel mio cor ch’indi rimossa
esser non può per altra forma nuova.
Di cera egli non è che se ne possa
formar quando uno e quando altro sugello,
né cede ad ogni minima percossa.
40Amor lo sa che a l’intagliar di quello
ne l’idol vostro non ne levò scaglia,
se non con cento colpi di martello.
D’avorio et marmo et d’altro che s’intaglia
difficilmente, fatta una figura,
45arte non è che tramutar più vaglia.
È ’l mio cor di materia anco più dura:
può temer chi l’uccida o lo disfaccia
ma non può già temer che si’ scultura
d'Amor ch'in altra imagine lo faccia