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Chi pensa quanto il bel disio d’amore
un spirto pelegrin tenga sublime,
non voria non haverne acceso il core;
se pensa poi che quel tanto n’opprime
5che l’util proprio e il vero ben s’oblia,
piange in van del suo ardor le cagion prime.
Chi gusta quanto dolce un creder sia
solo esser caro a chi sola n’è cara,
regna in un stato a cui null’altro è pria;
10se poi non esser sol, misero, impara
e cerca in van come ingannar sé stesso,
se vita ha poi, l’ha più che morte amara.
Chi non sa quanto aggrada essere appresso
a’ bei sembianti, al bel parlar soave
15che n’ha sì facilmente il giogo messo?
Se caso poi più del voler forza have,
che ne faccia ir lontan, si riman carco
di peso più de tutti gli altri grave.
Chi mira il viso a cui non fu il ciel parco
20di gratia ignuna, benedice l’hora
che, per pigliarlo, Amor l’attese al varco;
se, come in van risponde al bel di fora,
il mutabil voler di dentro mira,
chi ’l prese biasma e maledice ognhora.
25Chi non resta contento, o più disira
quando Madonna con parole e sguardi
dolce favor cortesemente spira?
S’avien ch’altrove intenda, o non ti guardi,
qual sulphure arde, qual pece, qual teda,
30qual Enchelado sì come tu ardi?
Chi conosce piacer che quello exceda,
ch’ella ti faccia parer falso un vero
che te può far morir quando tu ’l creda?
S’altrui suasione o mio pensiero
35mostra poi che gli è pur come io temea,
si può miracol dir s’alhor non pero.
Chi può stimar il gaudio che si crea
in quei dui giorni o tre quai dopo aspetto
un promesso ristor da la mia dea?
40Se diverso al sperar segue l’effetto,
(né per lei trovo escusa se non frale)
non so come tal duol capisca il petto.
Chi pensa in summa che, per quante scale
s’ascende al ben d’amor, per altre tante
45poi si ruina, sa ch’è minor male
smontar che per cader salir più inante.