CANTO VIGESIMO
1
Cortesi donne e grate al vostro amante,
voi che d’un solo amor sète contente,
come che certo sia, fra tante e tante,
che rarissime sète in questa mente;
non vi dispiaccia quel che dissi inante
quando contra Gabrina fui sì ardente,
e se anchor son per spendervi alcun verso
di lei biasmando l’animo perverso.
2
Ella era tale; e come imposto fummi
da chi può in me, non preterisco il vero:
per questo io non oscuro li honor summi
d’una e d’un’altra che habbi il cor sinciero.
Quel ch’el Maestro suo per trenta nummi
diede a’ Iudei non nocque a Gianni o Piero;
né d’Hipermestra è la fama men bella,
se ben di tante inique era sorella.
3
Per una che biasmar cantando ardisco,
che l’ordinata historia così vuole,
lodarne cento incontra m’offerisco
e far lor virtù chiara più ch’el Sole.
Ma tornando al lavor che vario ordisco,
ch’a molti (lor mercé) grato esser suole,
del cavallier di Scotia vi dicea
ch’un alto grido appresso udito havea.
4
Entrò fra due montagne un stretto calle
onde uscia el grido, e non fu molto inante
che giunse dove in una chiusa valle
se vide un cavallier morto dinante.
Chi sia dirò; ma prima dar le spalle
a Francia voglio, e girmene in Levante,
tanto ch’io trovi Astolfo paladino
che vêr Ponente havea preso il camino.
5
Io lo lasciai ne la città crudele,
onde col suon del spaventoso corno
havea cacciato il populo infedele
e gran periglio toltose d’intorno,
et a’ compagni fatto alzar le vele
e dal lito fuggir con grave scorno.
Hor, seguendo di lui, dico che prese
la via d’Armenia, e uscì di quel paese.
6
E dopo alquanti giorni in Natalìa
trovossi, e verso Bursia il camin tenne;
onde, continuando la sua via
di qua dal mare, in Thracia se ne venne.
Lungo il Danubio andò per l’Ungaria;
e come havesse el suo caval le penne,
passò Moravia e li Boemmi in meno
di venti giorni, e la Franconia e il Rheno.
7
Per la selva d’Ardenna in Aquisgrana
giunse e in Barbante, e in Fiandra al fin s’imbarca.
L’aura che soffia verso Tramontana
la vela in guisa in su la prora carca,
che a mezo giorno Astolfo non lontana
vede Inghilterra, ove nel lito varca.
Salta a cavallo, e in tal modo lo punge
ch’a Londra quella sera anchora giunge.
8
Quivi sentendo poi che ’l vecchio Othone
già molti mesi inanzi era in Parigi,
e che di nuovo quasi ogni barone
havea imitato i suoi degni vestigi,
d’andar subito in Francia se dispone:
e così torna al porto di Tamigi
e quindi, poi che fuor nel mar si messe,
fece la prua drizzar verso Calesse.
9
Un ventolin, che liggiermente all’orza
ferendo, havea adescato il legno all’onda,
a poco a poco cresce e se rinforza;
poi vien sì, ch’al nocchier ne soprabonda.
Che li volti la poppa al fine è forza;
se non, li caccierà sotto la sponda:
per la schiena del mar tien dritto el legno,
e fa camin diverso al suo disegno.
10
Hor corre a destra, hor a sinistra mano,
di qua e di là dove fortuna il spinge;
in terra smonta al fin presso a Roano,
e come prima il dolce lito attinge
fa ritornar la sella a Rabicano,
e tutto s’arma e la spada si cinge.
Prende il camino, et ha seco quel corno
che gli val più che mille huomini intorno.
11
E giunse, traversando una foresta,
a piè d’un colle ad una chiara fonte
nel’hora ch’el monton di pascer resta,
chiuso in capanna o sotto un cavo monte.
E dal gran caldo e da la sete infesta
vinto, si trasse l’elmo de la fronte;
legò el caval tra le più spesse fronde,
e poi venne per bere alle fresche onde.
12
Non havea anchor messe le labra in molle,
ch’un villanel che s’ascondea lì appresso
sbuca fuor d’una macchia, e il caval tolle,
sopra vi sale e se ne va con esso.
Astolfo il rumor sente, e il capo extolle;
e poi che ’l danno suo vede sì expresso,
lascia la fonte, e satio senza bere
gli va drieto correndo a più potere.
13
Quel ladro non si stende a tutto corso,
che dileguato sì saria di botto;
ma hor lentando, hor ricogliendo il morso,
se ne va di galoppo e di buon trotto.
Escon del bosco dopo un gran discorso;
e l’uno e l’altro al fin si fu ridotto
là dove tanti nobili baroni
eran, senza pregion, più che prigioni.
14
Vien dritto il mal villan dentro al palazzo:
forza è che Astolfo di lontan lo segua;
che a piede, grave d’elmo e di spallazzo,
quel buon destrier nel corso non adegua.
Giunge egli anchora, e mira come pazzo
dove il villan sì presto si dilegua;
che più né lui né Rabicano vede,
e gira gli occhi, e indarno affretta el piede:
15
affretta el piede ricercando invano
loggie, corti, giardin, camare e sale;
né per trovare il perfido villano
di sua fatica nulla si prevale;
né sa dove habbia ascoso Rabicano,
quel suo famoso celere animale;
e senza frutto alcun tutto quel giorno
cercò di su di giù, dentro e d’intorno.
16
Connobbe al fin ch’el luoco era incantato:
giovolli in ciò l’usar con fate tanto;
e di quel libro si fu ricordato
che si trovava sempre havere a canto;
parlo del libro che gli fu donato,
che riparare insegna ad ogni incanto:
aperse quello, e nel indice presto
ritrovò dove scritto era di questo.
17
Scritto di questo incanto era diffuso
nel libro, e scritto appresso era in che modo
farà restar l’incantator confuso
e sciorrà a tutti quei prigioni il nodo.
Sotto la soglia de l’entrata chiuso
era il secreto e incomprensibil frodo
per cui tanti occhi vacillar faceva,
che può guastar, s’el limitar ne leva.
18
Desideroso di condurre a fine
el Paladin sì glorïosa impresa,
non tarda più ch’el braccio non inchine
a provar quanto il grave marmo pesa.
Come Atlante le man vede vicine
per far che l’arte sua sia vilipesa,
suspettoso di quel che può avenire,
lo va con nuovi incanti ad assalire.
19
Lo fa con dïaboliche sue larve
parer diverso a quel ch’esser solea:
gigante ad altri, ad altri un villan parve,
ad altri un cavallier di faccia rea.
Tutti quelli signori ad incitarve
gli venne contra; che ciascun credea
che fusse quel che gli havea al bosco tolto
quel che per sé ciascun prezzava molto.
20
Ruggier, Gradasso, Hiroldo, Bradamante,
Brandimarte, Prasildo, altri guerrieri
in questo nuovo error si fêro inante,
per distruggere il Duca accesi e fieri.
Se non che raccordossi in quello instante
del corno, ch’abbassar li animi altieri
e far vili potea col grave suono,
era morto da lor senza perdono.
21
Ma subito che quel si pone a bocca
e ch’el suon spaventevole et horrendo,
che fa tremar la terra e ’l ciel, ne scocca,
chi qua chi là li fa tornar fuggendo;
né men ch’a tutti gli altri fuggir tocca
a quello incantator, ch’esce temendo
del latebroso nido, e se ne slunga
quanto più può dove quel suon non giunga.
22
Fuggì el guardian con li prigioni; e dopo
de le stalle fuggîr molti cavalli,
ch’altro che fune a retenerli era uopo,
e seguiro i patron per varii calli.
In casa non restò gatta né topo
al suon che par che dica: Dàlli, dàlli.
Sarebbe ito con li altri Rabicano,
se non che al uscir venne al Duca in mano.
23
Astolfo, poi c’hebbe cacciato il Mago,
levò di su la soglia el grave sasso,
e vi ritrovò sotto alcuna imago
et altre cose che di scriver lasso:
e di distrugger quello incanto vago,
di ciò che vi trovò fece fraccasso
come gli mostra il libro che far debbia;
e sciolse quel palazzo in fumo e in nebbia.
24
Quivi trovò d’una catena d’oro
ch’el caval di Ruggier era legato;
parlo di quel ch’el Negromante Moro
per mandarlo ad Alcina gli havea dato;
a-ccui poi Logistilla fe’ il lavoro
del freno, onde era in Francia ritornato,
e girato dal’India alla Inghilterra
tutto havea il lato destro de la terra.
25
Non so se vi ricorda che la briglia
lasciò attaccata a l’arbore quel giorno
che nuda da Ruggier sparì la figlia
di Galafrone, e gli fe’ l’alto scorno.
Fe’ il volante destrier, con maraviglia
di chi lo vide, al mastro suo ritorno;
e con lui stette insin al giorno sempre,
che de l’incanto fur rotte le tempre.
26
Non potrebbe esser stato più giocondo
d’altra aventura Astolfo che di questa;
che per cercar la terra e il mar, secondo
c’havea disir, quel ch’a cercar gli resta,
e girar tutto in pochi giorni il mondo,
troppo venìa questo Hippogrypho a sesta.
Sapea egli ben quanto a portarlo era atto,
che l’havea altrove assai provato in fatto.
27
Cavalcato l’havea quel dì che tolto
(aiutando Melissa) fu di mano
a quella scelerata, che travolto
gli havea in ceppo silvestre il viso humano;
havea veduto poi come raccolto
gli havea sotto la briglia il capo vano
la savia Logistilla, e come instrutto
havea Ruggier di farlo andar per tutto.
28
Fatto disegno l’Hippogrypho tôrsi,
la sella sua, ch’appresso havea, gli messe;
e gli fece, levando da più morsi
una cosa et un’altra, un che lo resse;
che dei destrier ch’in fuga erano corsi,
quivi attaccate eran le briglie spesse.
Hora un pensier di Rabicano solo
lo fa tardar che non si lieva a volo.
29
D’amar quel Rabicano havea ragione;
che non n’era un miglior per correr lancia,
e l’havea da la extrema regïone
del’India cavalcato insino in Francia.
Pensa egli molto; e in summa se dispone
darne più presto ad un suo amico mancia
che, lasciandolo quivi in su la strada,
se l’habbia il primo che a passar vi accada.
30
Stava mirando se vedea venire
pel bosco o cacciatore o alcun villano,
da cui potesse farse indi seguire
a qualche terra, e trarvi Rabicano.
Tutto quel giorno e sino all’apparire
del altro stette riguardando invano;
l’altro matin, sendo anchor l’aer fosco,
veder gli parve un cavallier pel bosco.
31
Ma mi bisogna, s’io vuo’ dirvi il resto,
ch’io trovi Ruggier prima e Bradamante.
Poi che si tacque il corno, e che da questo
luoco la bella coppia fu distante,
si guardò insieme, e riconnobbe presto
quel che sin qui le havea nascoso Atlante:
fatto havea Atlante che sino a quell’hora
tra lor non s’eran connosciuti anchora.
32
Ruggier riguarda la sua donna, et ella
riguarda lui, con alta maraviglia
che tanti dì l’habbia offuscato quella
illusïon sì l’animo e le ciglia.
Hor che raggiunta è questa coppia bella
dopo una aspra e lunghissima vigiglia,
pigliò con pura mano i primi fiori
de li suoi honesti e di sé degni amori.
33
Tornaro ad iterar li abbracciamenti
mille fïate, et a tenersi stretti,
li dui felici amanti, e sì contenti
ch’a pena i gaudii lor capiano i petti.
Molto lor duol che per incantamenti,
mentre che fur ne li errabondi tetti,
tra lor non s’eran mai riconnosciuti,
e tanti lieti giorni eran perduti.
34
Bradamante, disposta di far tutti
li piaceri che far vergine saggia
debbia ad un suo amator, sì che de lutti
(sanza il suo honor offender) lo sottraggia,
disse a Ruggier, se a dar li ultimi frutti
lei non vuol sempre haver dura e silvaggia,
lasci Maumete e battizar si deggia,
e che per moglie al padre Amon la chieggia.
35
Ruggier, che tolto havria non solamente
viver christiano per amor di questa,
come era stato il padre e antiquamente
l’avolo e tutta la sua stirpe honesta;
ma, sperando aggradirle, immantinente
data l’havria la vita che gli resta,
rispose: – Non che in l’acqua, ma nel fuoco
per tuo amor porre il capo mi fia poco. –
36
Per battizarsi dunque, indi per sposa
la Donna haver, Ruggier si messe in via,
guidando Bradamante a Valspinosa
(così fu nominata una abbadia),
ricca e bella, né men religïosa,
e cortese a chiunque vi venìa;
e trovaro all’uscir de la foresta
donna che molto era nel viso mesta.
37
Ruggier, che sempre human, sempre cortese
era a ciascun, ma più alle donne molto,
come le belle lachryme comprese
cader rigando il delicato volto,
n’hebbe pietade, e di disir s’accese
di saper il suo affanno; et a lei volto,
dopo honesto saluto dimandolle
perché havea sì di pianto il viso molle.
38
Et ella, alzando i belli humidi rai,
humanissimamente gli rispose,
e la cagion de’ suoi penosi guai,
poi che le dimandò, tutta gli expose:
– Gentil signor (disse ella), intenderai
che queste guancie son sì lachrymose
per la pietà che a un giovinetto porto,
che in un castel qui presso hoggi fia morto.
39
Amando una gentil giovane e bella,
che di Marsiglio Re di Spagna è figlia,
sotto un vel bianco e in feminil gonnella,
finta la voce e il volger de le ciglia,
egli ogni notte si giacea con quella
senza darne sospetto alla famiglia:
ma sì secreto essere alcun non puote,
che al lungo andar non sia chi el veggia o note.
40
Se ne accorse uno, e ne parlò con dui;
li dui con altri, insin che al Re fu detto.
Venne un fedel del Re l’altrhieri a nui,
c’ha preso li duo amanti insieme in letto,
e ne la ròcca fattoli ambedui
divisamente chiudere in distretto:
né credo per tutto hoggi c’habbia spatio
el Gioven, che non mora in pena e in stratio.
41
Fuggita me ne son per non vedere
tal crudeltà; che vivo l’arderanno:
né cosa mi potrebbe più dolere
che faccia di sì bel giovene il danno;
né potrò haver già mai tanto piacere
che non si volga subito in affanno,
che de la crudel fiamma mi rimembri
c’habbia arsi i belli e delicati membri. –
42
Bradamante ode, e par ch’assai le prema
questa novella, e molto il cor le annoi;
né par che men per quel dannato tema
che se fusse un de li fratelli suoi.
Né certo la paura in tutto scema
era di causa, come io dirò poi.
Si volse ella a Ruggier, e disse: – Parmi
ch’in favor di costui sian le nostre armi. –
43
E disse a quella mesta: – Io ti conforto
che tu veggia di porne entro alle mura;
che se ’l giovene anchor non havran morto,
più non l’uccideran, stanne sicura. –
Ruggiero, havendo il cor benigno scorto
de la sua donna e la pietosa cura,
sentì tutto infiammarsi di desire
di non lasciar quel giovene morire.
44
Et a colei c’havea l’humide guance:
– Non pianger – disse, – e di noi fa’ la prova:
trarren di mille spade e mille lance
el giovene, s’anchor vivo si truova.
Forse queste parole estimi ciance,
sì come avien di cosa rara e nuova:
perdere i passi tu arriscar ti puoi,
se s’arrischiàn perder la vita noi. –
45
L’alto parlare e la fiera sembianza
di quella coppia a maraviglia ardita
hebbeno forza di tornar speranza
colà donde era già tutta fuggita.
Restava un dubbio, e per la lontananza
e perch’era la strada ancho impedita:
questo facea la Donna star suspesa
che la fatica invan non fusse spesa.
46
Disse ella lor: – Facendo noi la via
che dritta e piana va sino a quel luoco,
credo che a tempo vi se giungeria
che non serebbe anchor acceso il fuoco:
ma gir convien per così torta e ria,
che ’l termine d’un giorno serìa poco
a reuscirne; e in spatio assai più corto
so ben che fia quel bel giovene morto. –
47
– E perché non andiàn (disse Ruggiero)
per la più corta? – E la donna rispose:
– Perché un castel de’ conti da Pontiero
tra via si truova, ove un costume pose,
non son tre giorni anchora, iniquo e fiero
a cavallieri e donne aventurose,
Pinabello, il peggior huomo che viva,
figliuol del conte Anselmo d’Altariva.
48
Quindi né cavallier né donna passa
che se ne vada senza ingiurie e danni:
l’uno e l’altro a piè resta; ma vi lassa
il guerrier l’arme, e la donzella i panni.
Miglior cavallier lancia non abbassa,
e non abbassò in Francia già molt’anni,
di quattro che giurato hanno al castello
la legge mantener di Pinabello.
49
Come l’usanza (che non è più antiqua
di tre dì) cominciò, ti vuo’ narrare;
e se fu dritta causa o pur obliqua
che tali cavallier fece giurare.
Pinabello ha una donna così iniqua,
così bestial, che al mondo è senza pare;
che con lui, non so dove, andando un giorno,
ritrovò un cavallier che le fe’ scorno.
50
El cavallier, perché da lei beffato
fu d’una vecchia che portava in groppa,
giostrò con Pinabel ch’era dotato
di poca forza e di superbia troppa;
et abbattello, e lei smontar nel prato
fece, e provò s’andava dritta o zoppa:
lasciolla a piede e le levò la gonna,
e ne fe’ dono alla sua vecchia donna.
51
Quella che a piè rimase, dispettosa
e di vendetta ingorda e sitibonda,
congiunta a Pinabel, che d’ogni cosa
dove sia da mal far, ben la seconda,
né giorno mai né notte mai riposa,
e dice che non fia mai più gioconda
se mille cavallier e mille donne
non mette a piedi, e tol lor arme e gonne.
52
Giunsero il dì medesmo (come accade)
quattro gran cavallieri ad un suo luoco,
li quai di remotissime contrade
venuti in queste parti eran di poco;
di tal valor, che non ha nostra etade
tant’altri buoni al bellicoso giuoco:
Aquilante, Griphone e Sansonetto,
et un Guidon Silvaggio giovinetto.
53
Pinabel con sembiante assai cortese
al castel ch’io v’ho detto li raccolse.
La notte poi tutti nel letto prese,
e presi tenne; e prima non li sciolse
che li fece giurar che un anno e un mese
(questo fu a punto il termine che tolse)
stariano quivi, e spogliarebbon quanti
vi capitasson cavallieri erranti;
54
e le donzelle c’havesson con loro
porriano a piedi e torrian lor le vesti.
Così giurâr, così constretti fôro
ad osservar, ben che turbati e mesti.
Non par che sino a qui contra costoro
alcun possa giostrar ch’a piè non resti:
e capitati vi sono infiniti
ch’a piè e senza arme son tutti partiti.
55
È ordine tra lor, che chi per sorte
esce fuor prima, vada a correr solo:
ma se truova il nemico così forte
che resti in sella, e getti lui nel suolo,
sono ubligati li altri insino a morte
pigliar l’impresa tutti tre in un stuolo.
Vedi hor, se ciascun d’essi è così buono,
quel che esser de’ se tutti insieme sono.
56
Poi non conviene alla importantia nostra
che ne vieta ogni indugia, ogni dimora,
che se habbiamo fermare a quella giostra
(e presuppono che vinciate anchora,
che vostra alta presentia lo dimostra);
ma non è cosa da fare in una hora:
et è gran dubbio che ’l giovene s’arda,
se tutto hoggi a soccorrerlo si tarda. –
57
Disse Ruggier: – Non riguardiamo a questo:
facciamo pur quel che si può per nui;
habbia chi regge il ciel cura di questo,
o la Fortuna, se non tocca a lui.
Ti fia per questa giostra manifesto
se buoni semo d’aiutar colui
che per cagion sì frivola e sì leve
(come m’hai detto) hoggi bruciar si deve. –
58
Senza responder altro, la donzella
si messe per la via che era più corta.
Più di tre miglia non andâr per quella,
che si trovaro al ponte et alla porta
dove si perdon l’arme e la gonnella,
e de la vita gran dubbio si porta.
Al primo apparir lor, di su la ròcca
è chi duo botti la campana tocca.
59
Et ecco de la porta con gran fretta,
trottando s’un roncino, un vecchio uscìo;
e quel venìa gridando: – Aspetta, aspetta:
fermatevi, che qui si paga el fio;
e se l’usanza non v’è stata detta
che qui si tiene, hor ve la vuo’ dir io. –
E contar lor incominciò di quello
costume, che servar fa Pinabello.
60
Poi seguitò, volendo dar consigli,
come era usato a gli altri cavallieri:
– Fate spogliar la donna (dicea), figli,
e voi lasciate l’arme e li destrieri;
e non vogliate mettervi a perigli
d’andare incontra a tai quattro guerrieri:
per tutto vesti, arme e cavalli s’hanno;
la vita sol mai non ripara il danno. –
61
– Non più (disse Ruggier), non più; ch’io sono
del tutto informatissimo, e qui venni
per far prova di me, se così buono
in fatti son, come nel cor mi tenni.
Arme, vesti e caval altrui non dono,
s’altro non sento che minaccie e cenni;
e son ben certo anchor, che per parole
el mio compagno le sue dar non vuole.
62
Ma, per dio, fa’ ch’i’ veggia presto in fronte
quei che ne voglion tôrre arme e cavallo;
c’havemo da passar ancho quel monte,
e qui non si può far troppo intervallo. –
Rispose il vecchio: – Eccoti fuor del ponte
chi vien per farlo, – e non lo disse in fallo;
ch’un cavallier n’uscì, che sopraveste
vermiglie havea, di bianchi fior conteste.
63
Bradamante pregò molto Ruggiero
che le lasciasse in cortesia l’assunto
di gettar de la sella il cavalliero
c’havea di fiori il bel vestir trappunto;
ma non puoté impetrarlo, e fu mestiero
a lei far ciò che Ruggier vòlse a punto:
egli vòlse la impresa tutta havere,
e Bradamante si stesse a vedere.
64
Ruggiero al vecchio dimandò chi fosse
questo primo che uscia fuor de la porta.
– Sansonetto è (disse egli), che le rosse
veste trappunte a bianchi fiori porta. –
L’uno di qua, l’altro di là si mosse
senza parlarsi, e fu la indugia corta;
che s’andaro a trovar coi ferri bassi,
molto affrettando i lor destrieri i passi.
65
In questo mezo de la ròcca usciti
eran con Pinabel molti pedoni,
per dispogliar accinti et expediti
s’al scontro uscia Ruggier fuor de li arcioni.
Veniansi incontra i cavallieri arditi
fermando in su le reste i gran lancioni,
grossi duo palmi, di nativo cerro,
che quasi erano uguali insino al ferro.
66
Di tali n’havea più d’una decina
fatto tagliar di su lor ceppi vivi
Sansonetto a una selva indi vicina,
e portatone dui per giostrar quivi:
che sia buon scudo et armatura fina
bisogna ben, che lor percosse schivi.
Haveane fatto dar, tosto che venne,
l’uno a Ruggier, l’altro per sé ritenne.
67
Con questi, che passar devean l’incudi,
sì ben ferrate havean le punte extreme,
di qua e di là fermandoli ne’ scudi
a mezo il corso si scontraro insieme.
Quel di Ruggier, che li demoni ignudi
fece sudar, poco del colpo teme:
parlo del scudo che havea fatto Atlante,
de le cui forze io v’ho già detto inante.
68
Io v’ho già detto che con tanta forza
d’incantato splendor ne li occhi fere,
ch’al discoprirsi ogni veduta ammorza
e trammortito l’huom fa rimanere;
per ciò, s’un gran bisogno non lo sforza,
d’un vel coperto lo solea tenere.
Si crede ch’ancho impenetrabil fosse,
poi che a questo incontrar nulla si mosse.
69
L’altro, c’hebbe l’artifice men dotto,
il gravissimo colpo non sofferse:
come tocco da fulmine, di botto
diè luoco al ferro e pel mezo s’aperse;
diè luoco al ferro, e quel trovò di sotto
il braccio che assai mal si ricoperse;
sì che ne fu ferito Sansonetto,
e de la sella tratto al suo dispetto.
70
Esso fu il primo di quelli compagni,
che quivi mantenian l’usanza fella,
che de le spoglie altrui non fe’ guadagni
e che alla giostra uscì fuor de la sella.
Ragion è ben che Fortuna si cagni,
che sempre non può star propitia e bella.
Quel da la ròcca, replicando il botto,
ne fece a gli altri cavallieri motto.
71
S’era accostato Pinabello intanto
a Bradamante, per saper chi fusse
colui che con prodezza e valor tanto
el cavallier del suo castel percusse.
La giustitia di Dio, per darli quanto
era il merito suo, ve lo condusse
su quel destrier medesimo che inante
tolto havea per inganno a Bradamante.
72
Fornito a punto era l’ottavo mese
che, con lei ritrovandosi a camino,
(s’el vi racorda) questo Maganzese
l’havea gettata in l’antro di Merlino,
quando da morte un ramo la difese
che seco cadde, anzi il suo buon destino;
e trassene, credendo che nel speco
fosse morta e sepolta, il caval seco.
73
Bradamante connosce il suo cavallo
e connosce per lui l’iniquo Conte;
e poi ch’ode la voce, e vicino hallo
con maggiore attention mirato in fronte,
– Questo è il traditor – disse, – senza fallo,
che procacciò di farmi oltraggio et onte:
ecco il peccato suo che l’ha condutto
ove havrà de’ suoi merti il premio tutto. –
74
El minacciare e il por mano alla spada
fu tutto a un tempo, e l’aventarsi a quello;
ma nanzi tratto gli levò la strada,
che non puoté fuggir verso il castello.
Tolta la speme ch’a salvar si vada
questa volpe alla tana, Pinabello,
mercé gridando e senza mai far testa,
fuggendo si cacciò ne la foresta.
75
Pallido e sbigottito il miser sprona,
che posto ha nel fuggir l’ultima speme.
L’animosa Donzella di Dordona
gli ha il ferro a’ fianchi, e lo percuote e preme:
vien con lui sempre e mai non l’abbandona;
grande è il rumor, e il bosco intorno geme.
Nulla al castel di questo anchor s’intende,
perhò ch’ognuno a Ruggier solo attende.
76
Li altri tre cavallier de la fortezza
intanto erano usciti, e in compagnia
havean quella sdegnosa e male avezza
che v’havea posta la costuma ria;
e ciascun d’essi tre, che ’l morir prezza
più c’haver vita che con biasmo sia,
di vergogna arde, e d’ira scoppia e duolo,
che tanti ad assalir vadano un solo.
77
La crudel meretrice, c’havea fatto
poner l’iniqua usanza et osservarla,
il giuramento lor racorda e il patto
ch’essi fatto le havean di vendicarla.
– Se sol con questa lancia ti li abbatto,
perché mi vuoi con altre accompagnarla? –
dicea Guidon Selvaggio; – e s’io ne mento,
levami il capo poi, ch’io son contento. –
78
Così dicea Griphon, così Aquilante;
giostrar da sol a sol volea ciascuno,
e preso e morto rimanere inante
che in la battaglia haver vantaggio alcuno.
La Donna dicea lor: – A che usar tante
parole qui senza profitto alcuno?
Per tôrre a colui l’arme io ve ho qui tratti,
non per far nuove leggi e nuovi patti.
79
Quando io v’havea in pregion, devate farme
queste excuse, et non hor, che sono tarde.
Voi dovete il preso ordine servarme,
non vostre lingue far vane e bugiarde. –
Ruggier gridava lor: – Eccove l’arme,
ecco ’l destrier che ha nuovo e sella e barde;
li panni de la Donna eccove anchora:
se li volete, a che più far dimora? –
80
La Donna del castel da un lato preme,
Ruggier da l’altro chiamali e rampogna,
tanto che a forza si spiccaro insieme,
ma nel viso infiammati di vergogna.
Dinanzi apparve l’uno e l’altro seme
del Marchese honorato di Borgogna;
ma Guidon, che più grave hebbe il cavallo,
seguia lor drieto con poco intervallo.
81
Con la medesima hasta con che havea
Sansonetto abbattuto, Ruggier viene,
coprendosi col scudo che solea
Atlante haver su i monti di Pyrene:
dico quello incantato che splendea
tanto, che humana vista nol sostiene;
a-ccui Ruggier per ultimo soccorso
nei più gravi perigli havea ricorso;
82
ben che sol tre fïate bisognolli,
e certo in gran perigli, usarne il lume:
le prime due, quando dai regni molli
si trasse a più lodevole costume;
la terza, quando i denti mal satolli
lasciò del’Orca in le marine spume,
che devean manicar la bella nuda
che fu a chi la campò poi così cruda.
83
Fuor che queste tre volte, tutto il resto
sotto un velo di seta il tenea ascoso,
in guisa che scoprir lo potea presto
che del suo aiuto fosse bisognoso.
Quivi alla giostra ne venìa con questo,
come io v’ho detto anchora, e sì animoso,
che li tre cavallier che vedea inanti
manco temea che pargoletti infanti.
84
Ruggier scontra Griphon proprio alla penna
del scudo, ove alla vista se congiunge:
quel di cader da ciascun lato accenna,
et al fin cadde, e resta al caval lunge.
Griphon nel scudo a lui mette l’antenna;
ma per traverso e non pel dritto giunge:
e perché lo trovò forbito e netto,
l’andò slisciando e fe’ contrario effetto.
85
Ruppe il velo e squarciò, che gli copria
el spaventoso et incantato lampo,
al cui splendor cader se convenia
con gli occhi ciechi, e non vi s’ha alcun scampo.
Aquilante, che a par seco venìa,
stracciò l’avanzo, e il scudo gettò vampo:
el splendor ferì in li occhi ai duo fratelli
et a Guidon, che correa dopo quelli.
86
Chi di qua, chi di là cade per terra:
el scudo non pur lor li occhi abbarbaglia,
ma fa che ogni altro senso attonito erra.
Ruggier, che non sa il fin de la battaglia,
volta il cavallo; e nel voltare afferra
la spada sua che sì ben punge e taglia:
e nesun vede che gli sia all’incontro;
che tutti eran caduti a quello inscontro.
87
E con li cavallier, quelli che a piede
erano usciti, e così le donne ancho,
e così li destrieri in guisa vede
che par che per morir battano il fianco.
Prima si maraviglia, e poi s’avede
ch’el velo ne pendea dal lato manco:
dico il velo di seta in che solea
chiuder la luce di quel caso rea.
88
Presto si volge, e nel voltar, cercando
con gli occhi va l’amata sua guerriera;
e vien là dove era rimasa, quando
la prima giostra cominciata s’era.
Pensa ch’andata sia (non la trovando)
a divietar che ’l giovene non pèra,
per dubbio ch’ella ha forse che non s’arda
in questo mezo che a giostrar si tarda.
89
Fra gli altri che giacean vede la donna,
la donna che l’havea quivi guidato;
in braccio se la tol sì come assonna,
e via cavalca e par tutto turbato.
D’un manto ch’essa havea sopra la gonna
poi ricoperse quel scudo incantato;
li sensi rëhaver le fece, tosto
ch’el nocivo splendor l’hebbe nascosto.
90
Via se ne va Ruggier con faccia rossa
che per vergogna di levar non osa:
gli par che ognuno improverar gli possa
quella vittoria poco glorïosa.
– Che emenda poss’io fare, onde rimossa
mi sia una colpa tanto obbrobrïosa?
che ciò ch’io vinsi mai, fu per favore,
diran, d’incanti, e non per mio valore. –
91
Mentre così pensando seco giva,
venne in quel che cercava a dar di cozzo;
che in mezo de la strada soprarriva
dove profondo era cavato un pozzo.
Quivi l’armento in la calda hora estiva
si ritrahea, poi c’havea pieno il gozzo.
Disse Ruggier: – Hor proveder bisogna,
che non mi faccia il scudo più vergogna.
92
Più non starà egli meco; e questo sia
l’ultimo biasmo c’ho d’haverne al mondo. –
Così dicendo, smonta ne la via:
piglia una grossa pietra e di gran pondo,
la lega al scudo, e l’uno e l’altro invia
per l’alto pozzo a ritrovarne il fondo;
e dice: – Costà giù stati sepulto,
e teco stia sempre il mio obbrobrio occulto. –
93
Cavo era il pozzo, e pieno al summo d’acque;
grieve era il scudo, e quella pietra grieve:
non si fermò fin che nel fondo giacque;
sopra si chiuse el liquor molle e lieve.
El nobil atto, e di splendor, non tacque
la vaga Fama, e divolgollo in brieve;
e ne fe’ grida publica col corno
per Francia, Spagna e le provincie intorno.
94
Poi che di voce in voce si fe’ questa
strana aventura (che la donna prima
la disse) in ogni parte manifesta,
molti signori e cavallier di stima
per ritrovar se misero in inchiesta
dove sott’acqua il sasso il scudo opprima:
ma non so che ad alcun mai riuscisse;
che dove era quel pozzo ella non disse.
95
Al partir che Ruggier fe’ dal castello,
dove havea vinto con poca battaglia;
che i quattro gran campion di Pinabello
fece restar come huomini di paglia;
levando il scudo, havea levato quello
lume che gli occhi e li animi abbarbaglia:
e quei che giacciuti eran come morti,
pieni di maraviglia eran resorti.
96
Né per tutto quel giorno si favella
altro fra lor che di quel strano caso,
e come fu che ciascun d’essi a quella
horribil luce vinto era rimaso.
Mentre parlan di questo, la novella
vien lor di Pinabel giunto al occaso:
che Pinabello è morto hanno l’aviso,
ma non sanno perhò chi l’habbia ucciso.
97
L’ardita Bradamante in questo mezo
giunto havea Pinabello a un passo stretto;
e cento volte gli havea sin a mezo
messo il brando pei fianchi e per il petto.
Tolto c’hebbe dal mondo il puzzo e il lezo
che tutto intorno havea il paese infetto,
le spalle al bosco testimonio volse,
ma primamente il suo caval si tolse.
98
Vòlse tornar dove lasciato havea
Ruggier; né mai seppe trovar la strada.
Hor per valle hor per monte s’avolgea:
tutta quasi cercò quella contrada;
e mai non vuol la sua fortuna rea
che truovi via donde a Ruggier si vada.
Questo altro canto ad ascoltare aspetto
chi de la historia mia piglia diletto.