CANTO SETTIMO
1
Chi va lontan da la sua patria vede
cose, da quel che già credea, lontane,
che narrandole poi non se gli crede
et stimato bugiardo ne rimane;
che ’l sciocco vulgo non vuol mai dar fede
a cose che non veggia et habbia in mane:
per questo io so che l’inexperïenza
farà al mio canto dar poca credenza.
2
Poca o molta ch’io v’habbia, non bisogna
ch’io ponga mente al vulgo sciocco e ignaro:
basta ch’a voi non parerà menzogna,
che ’l lume del discorso havete chiaro;
et a voi soli ogni mio intento agogna
che ’l frutto sia di mie fatiche caro.
Io vi lasciai ch’el ponte et la rivera
vider, ch’in guardia havea Eriphilla altiera.
3
Quell’era armata del più fin metallo,
et quel di varie gemme havea distinto:
di rubin rosso e chrysolitho giallo,
verde smeraldo et di flavo hiacyntho.
Era montata, ma non a cavallo,
e ’n vece di cavallo ella havea spinto
un lupo al ponte ove si passa il fiume,
c’havea la sella fuor d’ogni costume.
4
Non credo ch’un sì grande Apulia n’habbia:
egli era grosso et alto più d’un bue;
non gli facea spiumar con freno labbia,
né so come lo tegna a voglie sue.
La sopravesta di color di sabbia
su l’arme havea la maledetta lue:
fuor che ’l color, quasi era de la sorte
ch’usan prelati in la Romana corte;
5
et portava nel scudo et sul cimero
una gonfiata et venenosa botta.
Le donne la mostraro al cavalliero,
che già di qua dal ponte era ridotta
per far lor onta e rompere il sentiero,
come ad alcuni usata era talhotta.
Ella a Ruggier, che torni adietro, grida;
quel piglia un’hasta et la minaccia et sfida.
6
La Gigantessa a speronar è presta
l’horribil Lupo, et ne l’arcion si serra;
da l’altra parte, con la lancia in resta,
ne vien Ruggier et fa tremar la terra.
La lancia di Eriphilla in pezzi resta;
il buon Ruggier lei sotto l’elmo afferra,
e de l’arcion con tal furor la caccia
che la riporta indietro oltra sei braccia.
7
Et già (tratta la spada c’havea cinta)
venìa a levarne la testa superba:
et ben lo potea far, che come estinta
Eriphilla giacea tra’ fiori e l’herba;
ma le donne gridâr: – Basti sia vinta,
senza pigliarne altra vendetta acerba.
Ripon, cortese cavallier, la spada;
passiamo il ponte et seguitiàn la strada. –
8
Alquanto malagevole et aspretta
per mezo un bosco presero la via,
che oltra che sassosa fusse et stretta,
non poco ratta alla collina gìa.
Ma poi che furo ascesi in su la vetta,
usciro in spatïosa prateria,
dove il più bel palazzo e ’l più giocondo
vider che mai fusse veduto al mondo.
9
La bella Alcina venne un pezzo inante
verso Ruggier fuor de le prime porte,
et lo raccolse in signoril sembiante
in mezo bella et honorata corte.
Da tutti li altri tanto honore et tante
reverentie fur fatte al guerrier forte,
che non ne potrian far più se tra loro
fusse Dio sceso dal superno choro.
10
Non tanto il bel palazzo era excellente
perché vincesse ogn’altro di ricchezza,
quanto che richiudea piacevol gente
dotata di costumi et gentilezza.
Poco era l’un da l’altro differente
de la fiorita età, de la bellezza:
sola di tutti Alcina assai più bella
splendea, come più il Sol fa d’ogni stella.
11
Di persona era tanto ben formata,
quanto me’ pinger san pittori industri,
con bionda chioma lunga et annodata:
oro non è che più risplenda et lustri.
Spargeasi per la guancia delicata
misto color di rose et di ligustri;
di terso avorio era la fronte lieta,
che finia il spatio suo con giusta meta.
12
Sotto duo negri et sottilissimi archi
son duo negri occhi, anzi duo chiari Soli,
pietosi a riguardar, a mover parchi,
intorno cui par ch’Amor scherzi et voli,
et ch’indi tutta la pharetra scarchi
et che visibilmente i cori involi;
quindi il naso per mezo il viso scende,
che non ritrova Invidia ove l’emende.
13
Sotto quel sta, quasi fra due vallette,
la bocca sparsa di natio ginabro;
quivi duo filze son di perle elette
che chiude et apre un bello et dolce labro:
quindi escon le cortesi parolette
da render molle ogni cor rozo et scabro;
quivi si forma quel suave riso,
ch’apre a sua posta in terra il paradiso.
14
Bianca neve è ’l bel collo, e ’l petto latte;
il collo è tondo, il petto colmo et largo:
duo pome acerbe, et pur d’avorio fatte,
vengono et van come onda al primo margo
quando piacevol aura il mar combatte;
non potria l’altre parti veder Argo:
non che di fuor perhò il giudicio manchi,
ch’in mezo è stretta, et rilevata a’ fianchi.
15
Come le braccia habbian lunghezza giusta,
et la candida man, spesso si vede:
lunghetta alquanto et di larghezza angusta,
dove né nodo appar, né vena excede;
si vede al fin de la persona augusta
il piccolino et ritondetto piede.
Li angelici sembianti nati in cielo
non si ponno celar sotto alcun velo.
16
Havea in ogni sua parte un laccio teso,
o parli o rida o canti o passo muova:
né maraviglia è se Ruggier n’è preso,
che tanto a sé benigna la ritrova.
Quel che di lei già havea dal Mirto inteso,
quant’è perfida et ria, poco gli giova;
ch’inganno o tradimento non gli è aviso
che possa star con sì suave riso.
17
Anzi pur creder vuol che da costei
fusse converso Astolfo in su l’arena
per suoi deportamenti ingrati e rei,
et sia degno di questa et di più pena:
et tutto quel ch’udito havea di lei
stima esser falso; et che vendetta mena,
et mena astio et invidia lo dolente
a biasmar lei, di quel che tutto mente.
18
La bella donna che cotanto amava
novellamente gl’è dal cor partita;
che per incanto Alcina gli lo lava
d’ogni antica amorosa sua ferita,
et di lei sola et del suo amor lo grava;
in quello essa riman sola sculpita:
sì che scusar il buon Ruggier si deve
se si mostrò qui mal constante et leve.
19
Nanzi alla mensa Cìthare, Arpe et Lyre,
et diversi altri dilettevol suoni
faceano intorno l’aria tintinire
d’harmonia dolce et di concenti buoni;
non vi mancava chi, cantando, dire
d’Amor sapesse gaudi et passïoni,
o con inventïoni et poesie
rappresentasse grate fantasie.
20
Qual mensa triomphante et suntüosa
di qual si voglia successor di Nino,
o qual mai tanto celebre et famosa
di Cleopatra al vincitor latino,
si potrebbe uguagliare in ogni cosa
a questa, ove s’honora il paladino?
Tal non cred’io che s’apparecchi dove
ministra Ganymede inanzi a Giove.
21
Tolte che fur le mense et le vivande,
facean (sedendo in cerchio) un giuoco lieto:
che ne l’orecchio l’un l’altro dimande
(come gli piace più) qualche secreto;
il che a gli amanti fu commodo grande
ragionar del suo amor senza divieto:
e furon lor conclusïoni estreme
di ritrovarsi quella notte insieme.
22
Finîr quel giuoco presto, et molto inanzi
che non solea là dentro esser costume;
con torchi allhora i paggi, entrati inanzi,
le tenebre cacciâr con molto lume:
tra bella compagnia dietro e dinanzi
andò Ruggiero a ritrovar le piume
in una adorna et frescha cameretta,
per la miglior di tutte l’altre eletta.
23
Et poi che di confetti et di buon vini
di nuovo fatti fur debiti inviti,
et partîr li altri, riverenti et chini,
et alle stanze lor tutti son iti,
Ruggier entrò ne’ profumati lini,
che pareano di man d’Arachne usciti,
tenendo tuttavia l’orecchie attente
s’anchor venir la bella donna sente.
24
Ad ogni piccol moto ch’egli udiva
(sperando che fusse ella) il capo alzava:
sentir credeasi, e spesso non sentiva;
poi, del suo errore accorto, sospirava;
talvolta uscia del letto et l’uscio apriva,
guatava fuori, et nulla vi trovava:
et maledì ben mille volte l’hora
che facea al trappassar tanta dimora.
25
Tra sé dicea sovente: – Hor si parte ella; –
et cominciava a noverar i passi
ch’esser potean da la sua stanza a quella
donde aspettando sta che Alcina passi;
e questi et altri (prima che la bella
donna vi sia) vani disegni fassi;
teme di qualche impedimento spesso,
che tra ’l frutto et la man non gli sia messo.
26
Alcina, poi ch’a’ pretïosi odori
dopo gran spatio pose alcuna meta,
venuto ’l tempo che più non dimori,
hormai ch’in casa era ogni cosa cheta,
de la camera sua sola uscì fuori;
et tacita n’andò per via secreta
dove Ruggier, con palpitante core,
aspettata l’havea forse quattro hore.
27
Come se vide il successor d’Astolfo
sopra apparir quelle ridenti stelle,
come habbia ne le vene acceso solfo,
non par che capir possa ne la pelle.
Hor sin agli occhi ben nuota nel golfo
de le delitie et de le cose belle:
salta del letto e ’n braccio la raccoglie,
né può tanto aspettar ch’ella si spoglie,
28
ben che né gonna né faldiglia havesse;
che venne avolta in un liggier zondado
che sopra una camicia ella si messe,
suttilissima et bianca al summo grado.
Come Ruggier abbracciò lei, gli cesse
il manto, et restò ’l vel suttile et rado,
che più non la copria dinanzi e dietro,
che rosa o giglio un bel vaso di vetro.
29
Né così strettamente Hedera preme
pianta ove intorno abbarbicata s’habbia,
come si stringon li duo amanti insieme,
cogliendo il fior del spirto su le labbia,
che più suave non esce di seme
ch’India nutrisca in l’odorata sabbia:
del gran piacer c’havean, lor dicer tocca,
che spesso havean più d’una lingua in bocca.
30
Queste cose là dentro eran secrete,
o se pur non secrete, almen tacciute;
che raro fu tener le labbia chete
biasmo ad alcun, ma ben spesso virtute.
Tutte proferte et accoglienze liete
fanno a Ruggier quelle persone astute:
ognun lo reverisce et se gl’inchina,
che così vuol l’innamorata Alcina.
31
Non è diletto alcun che di fuor reste:
anzi son tutti in l’amorosa stanza;
e due e tre volte il dì mutano veste,
fatte hor ad una, hora ad un’altra usanza.
Spesso in conviti, et sempre stanno in feste,
in giostre, lotte, scene, in bagno, in danza.
Hor presso ai fonti, all’ombre de’ poggetti,
leggon d’antiqui l’amorosi detti;
32
hor per l’ombrose valli et lieti colli
vanno cacciando le paurose lepri;
hor con sagaci cani i fagian folli
con strepito uscir fan di stoppie e vepri;
hor a’ tordi lacciuoli, hor veschi molli
tendon tra li odoriferi ginepri;
hor con hami inescati et hor con reti
turbano a’ pesci i grati lor secreti.
33
Stava Ruggier in tanta gioia et festa
mentre Carlo in travaglio et Agramante,
di cui l’historia io non vorrei per questa
porre in oblio, né lasciar Bradamante,
che con travaglio e con pena molesta
pianse più giorni il disïato amante,
c’havea per strade disusate et nuove
veduto portar via, né sapea dove.
34
Di costei prima che de l’altri dico,
che molti giorni andò cercando invano
pei boschi ombrosi et per lo campo aprico,
per ville, per città, per monte e piano;
né mai puoté saper del caro amico,
che di tanto intervallo era lontano.
Ne l’hoste saracin spesso venìa,
né mai del suo Ruggier puoté haver spia.
35
Ogni dì ne dimanda a più di cento,
né trova alcun che mai ne le ragioni.
D’alloggiamento va in alloggiamento,
cercandone e trabacche et padiglioni:
et lo può far; che senza impedimento
passa tra cavallieri et tra pedoni,
mercé all’annel che fuor d’ogni human uso
la fa sparir quando l’è in bocca chiuso.
36
Né può né creder vuol che morto sia,
perché di sì grande huom l’alta ruina
da l’onde Idaspe udita si saria
fin dove il Sol a riposar declina.
Non sa s’è in cielo o ’n terra, né che via
possa tener: et pur sera et matina
lo va cercando, et per compagni mena
suspiri et pianti et ogni acerba pena.
37
Pensossi al fin tornar alla spelonca
dove eran l’ossa di Merlin propheta,
et gridar tanto intorno alla sua conca
che ’l freddo marmo si movesse a pieta;
che se vivea Ruggiero, o gli havea tronca
l’alta necessità la vita lieta,
si sapria quindi: et poi si appigliarebbe
a quel miglior consiglio che n’harebbe.
38
Con questa intentïon prese il camino
verso li monti prossimi a Pontiero,
dove la vocal tomba di Merlino
era nascosa in luoco alpestro et fiero.
Ma quella Maga, che sempre vicino
tenuto a Bradamante havea ’l pensiero,
quella vi dico, che in la bella grotta
l’havea de la sua stirpe instrutta e dotta;
39
quella benigna et saggia incantatrice
che sempre tenea cura di costei,
sapendo che devea progenitrice
esser di gran signori et semidei,
ciascun dì vuol saper che fa, che dice,
et getta ciascun dì sorte per lei:
di Ruggier liberato e poi perduto,
e dove in India andò, tutto ha saputo.
40
Veduto l’havea ben su quel cavallo
che regger non potea, ch’era sfrenato,
scostarse di lunghissimo intervallo
per sentier periglioso e non usato;
e ben sapea che stava in giuoco e ’n ballo,
e in cibo e in otio molle e delicato,
né più memoria havea del suo signore,
né de la donna sua, né del suo honore.
41
E così il fior de li belli anni suoi
in lunga inertia haver potria consunto
sì gentil cavallier, per dever poi
perdere il corpo e l’anima in un punto;
e quel odor, che sol riman di noi
poscia ch’el resto fragile è defunto,
che tra’ l’huom di sepolchro e ’n vita serba,
gli serìa stato o tronco o svelto in herba.
42
Ma quella gentil Maga, che più cura
n’havea ch’egli medesmo di se stesso,
pensò di trarlo per via alpestre e dura
alla vera virtù, mal grado d’esso:
come excellente medico, che cura
con ferro e fuoco e con veneno spesso,
che se ben molto da principio offende,
poi giova al fine, e gratia se gli rende.
43
Ella non gli era facile e indulgente,
né fattane orba di superchio amore
sì come Atlante, a cui tollea la mente
l’esserne troppo tenero di core:
più presto egli volea che lungamente
vivesse e senza fama e senza honore,
che con tutta la laude che sia al mondo
mancasse un anno al suo viver giocondo.
44
L’havea mandato all’isola d’Alcina,
perché oblïasse l’arme in quella corte;
e come Mago di summa dottrina
ch’usar sapea l’incanti in ogni sorte,
havea il cor stretto di quella Regina
ne l’amor d’esso d’un laccio sì forte,
ch’ella nol serà mai per poter sciorre
s’invecchiasse Ruggier più di Nestorre.
45
Hor tornando a colei ch’era presaga
di quanto de’ avenir, dico che tenne
la dritta via dove in l’errante et vaga
figlia d’Amone ad incontrar si venne;
che tosto che connobbe la sua Maga,
tutta la pena che prima sostenne
mutò in speranza: e quella tutto il vero
le disse, ove condotto era Ruggiero.
46
La Giovane rimase quasi morta,
quando udì ch’el suo amante era sì lunge;
e più, che nel suo amor periglio porta
se gran rimedio e subito non giunge:
ma la benigna Maga la conforta,
e presto pon l’impiastro ove il duol punge;
e le promette e giura in pochi giorni
far che Ruggiero a riveder lei torni.
47
– Da che, Donna (dicea), l’annel hai teco
che val contra ogni magica fattura,
io non ho dubbio alcun, che s’io l’arreco
là dove Alcina ogni tuo ben ti fura,
ch’io non le rompa il suo disegno, e meco
non ti rimeni la tua dolce cura:
questa sera andarò ne la prima hora,
e serò in India anchor nanzi alla aurora. –
48
E seguitando, del modo narrolle
che disegnato havea d’adoperarlo
per trar del regno effeminato e molle
il suo amatore, e in Francia ritornarlo.
Bradamante l’annel del dito tolle;
né solamente havria voluto darlo,
ma dato il core e dato havria la vita
pur che n’havesse il suo Ruggiero aita.
49
Le dà l’annello e se le raccomanda,
e più le raccomanda il suo Ruggiero
a cui per lei mille saluti manda;
poi prese vêr Provenza altro sentiero.
Andò l’Incantatrice a un’altra banda;
e per porre in effetto il suo pensiero
un palafren fece apparir la sera,
c’havea un piè rosso e l’altra parte nera.
50
Credo fusse un Alchino o un Farfarello
che da l’inferno in quella forma trasse;
e scinta e scalza montò sopra quello
a chiome sciolte e horribilmente passe:
ma ben di dito si levò l’annello,
perché l’incanti suoi non le vietasse;
poi con tal fretta andò, che la matina
se ritrovò ne l’isola d’Alcina.
51
Quivi mirabilmente trammutosse,
che quasi un palmo alzò la sua statura,
e fe’ le membra a proportion più grosse;
e restò a punto di quella misura
che si pensò ch’el Negromante fosse,
quel che nutrì Ruggier con sì gran cura;
vestì di lunga barba le mascelle,
rugò la fronte e s’increspò la pelle.
52
Di faccia, di parole e di sembiante
sì lo seppe imitar, che totalmente
potea parer l’incantator Atlante.
Poi si nascose, e tanto pose mente
che vide da Ruggier la vigilante
e sollicita guardia farsi absente:
io dico Alcina, che di stare o gire
senz’esso un’hora potea mal patire.
53
Soletto lo trovò, come lo volle,
che si godea il matin fresco e sereno
lungo un bel rio che discorrea d’un colle
verso un laghetto limpido et ameno.
Il suo vestir delitïoso e molle
tutto era d’otio e di lascivia pieno,
che di sua man gli havea di seta e d’oro
tessuto Alcina con sottil lavoro.
54
Di ricche gemme un splendido monile
gli discendea dal collo in mezo il petto;
in l’uno e in l’altro già tanto virile
braccio girava un lucido cerchietto;
gli havea forato un fil d’oro sottile
ambe l’orecchi, in forma d’annelletto;
e due gran perle pendevano quindi,
qual mai non hebbon li Arabi né l’Indi.
55
Humide havea le ben nodate chiome
de i più suavi odor che sieno in prezzo;
tutto ne’ gesti era amoroso, come
fusse in Valenza a servir donne avezzo;
non era in lui di sano altro ch’el nome,
corrotto tutto il resto, e più che mézzo:
così Ruggier fu ritrovato, tanto
da l’esser suo mutato per incanto.
56
Ne la forma d’Atlante se gli affaccia
colei, che la sembianza ne tenea,
con quella grave e venerabil faccia
che Ruggier sempre reverir solea,
con quel sguardo pien d’ira e di minaccia
che spesso da fanciul temuto havea,
dicendo: – È questo dunque il frutto ch’io
lungamente atteso ho del sudor mio?
57
Di medolle di Tigri e di Leoni
ti porsi io dunque li primi alimenti;
t’ho per caverne et horridi buroni
fanciullo avezzo a strangolar serpenti,
e trovar l’Orse entro le sue magioni
et a vivi Cingial trar spesso e’ denti,
acciò che dopo tanta disciplina
tu sii l’Adone o l’Atyde d’Alcina?
58
È questo quel che l’infallibil stelle,
le sacre fibre e li accoppiati punti,
responsi, augùri, sogni e tutte quelle
sorti, ove troppo ho i studii miei consunti,
di te promesso sin da le mammelle
m’havean, come quest’anni fusser giunti:
ch’in arme l’opre tue così preclare
esser devean, che serian senza pare?
59
Quest’è ben veramente alto principio
onde si può sperar che serai presto
un Pyrrho, un Alexandro, un Iulio, un Scipio!
Chi potea, ohimè! di te mai creder questo,
che ti facessi d’Alcina mancipio?
E perché ognun lo veggia manifesto,
al collo et alle braccia hai la catena
di ch’ella a voglia sua preso ti mena.
60
Se non ti movon le tue proprie laudi
e l’opre excelse a che t’ha ’l cielo eletto,
la tua successïon perché defraudi
del ben che mille volte i’ t’ho predetto?
Deh, perch’el ventre eternamente claudi
di quella in ch’el ciel vuol che sia concetto
del seme tuo la glorïosa prole,
ch’esser de’ al mondo più chiara ch’el Sole?
61
Non divietar che le più nobil alme
che sian formate ne l’eterne idee
di tempo in tempo habbian corporee salme
dal ceppo che radice in te haver dee!
Non divietar mille triomphi e palme
con che, dopo aspri danni e piaghe ree,
tuoi figli, tuoi nipoti e successori
Italia tornaran ne i primi honori!
62
Non ch’a piegarti a questo tante e tante
anime belle haver devesson pondo,
che chiare, illustri, inclyte, invitte e sante
son per fiorir da l’arbor tuo fecondo;
ma una sol coppia esser devria bastante:
Hippolyto e il fratel; che pochi il mondo
ha tali havuti anchor sin al dì d’hoggi
per tutti i gradi onde a virtù si poggi.
63
Io solea più di questi dui narrarte
ch’i’ non facea di tutti li altri insieme;
sì perché essi terran soli più parte
che tutto il resto in le virtù supreme;
sì perché al dir di lor mi vedea darte
più attentïon che d’altri del tuo seme:
vedea goderti che sì chiari heroi
esser devean de li nipoti tuoi.
64
Che ha costei che t’hai fatto regina,
che non habbian mill’altre meretrici?
costei che di tant’altri è concubina,
ch’al fin sai ben s’ella suol far felici!
Ma perché tu connosca chi sia Alcina
levatone le fraudi e li artifici,
tien questo annello in dito et torna ad ella,
ch’aveder ti potrai come sia bella. –
65
Ruggier si stava vergognoso e muto
mirando in terra, e mal sapea che dire;
a cui la Maga nel dito minuto
pose l’annello, e lo fe’ risentire.
Come Ruggier in sé fu rivenuto,
di tanto scorno si vide assalire,
ch’esser vorria sotterra mille braccia,
ch’alcun veder non lo potesse in faccia.
66
Ne la sua prima forma in un instante,
così parlando, la Maga rivenne;
né bisognava più quella d’Atlante,
seguitone l’effetto per che venne.
Per dirvi quel ch’io non vi dissi inante,
costei Melissa nominata venne
c’hor diè a Ruggier di sé notitia vera,
et dissegli a che effetto venuta era;
67
mandata da colei, che d’amor piena
non potea più patir sì lunga absentia,
per liberarlo da quella catena
di che lo cinse magica violenza:
e preso havea d’Atlante di Carena
la forma per trovar meglio credenza;
ma poi che a sanità l’ha homai ridutto,
gli vuol aprir e far che veggia il tutto.
68
– Quella donna gentil che t’ama tanto,
quella che del tuo amor degna sarebbe,
a cui (se non ti scorda) tu sai quanto
tua libertà, da lei servata, debbe,
questo annel che ripara ad ogni incanto
ti manda: e così il cor mandato havrebbe,
s’havesse havuto il cor così virtute,
come l’annello, atta alla tua salute. –
69
E seguitò narrandogli l’amore
che Bradamante gli ha portato e porta;
di quella insieme commendò il valore,
in quanto il vero e affettïon comporta;
et usò modo e termine migliore
che si convenga a messaggiera accorta:
et in quel odio Alcina a Ruggier pose,
in che soglionse haver l’horribil cose.
70
In odio gli la pose, anchor che tanto
l’amasse dianzi: e non vi paia strano
quando ’l suo amor per forza era d’incanto,
che essendovi l’annel, rimase vano.
Fece l’annel palese anchor, che quanto
di beltà Alcina havea, tutto era extrano;
extrano havea, e non suo, dal piè alla treccia:
el bel ne sparve, e le restò la feccia.
71
Come fanciul che corruttibil frutto
ripone, e poi si scorda u’ l’ha riposto,
e dopo molti giorni è ricondutto
là dove truova a caso il suo deposto,
si maraviglia a rivederlo tutto
putrido e guasto, e non come fu posto;
e dove amarlo e caro haver solia,
l’odia, sprezza, n’ha schivo, e getta via:
72
così Ruggier, poi che Melissa fece
ch’a riveder se ne tornò la fata
con quel annello inanzi a cui non lece
(quando s’ha in dito) usar opra incantata,
ritrova, contra ogni sua stima, invece
de la bella, che dianzi havea lasciata,
donna sì laida, che la terra tutta
né la più vecchia havea né la più brutta.
73
Pallido, crespo et macilente havea
Alcina il viso, el crin raro et canuto;
sua statura a sei palmi non giungea,
ogni dente di bocca era caduto;
che più di Hecuba et più de la Cumea,
et havea più d’ogn’altra mai vivuto:
ma sì usò l’arti al nostro tempo ignote,
che bella et giovinetta parer puòte.
74
Giovane et bella si facea con arte,
sì che molti ingannò come Ruggiero;
ma l’annel venne a interpetrar le charte,
che già molti anni havean celato il vero:
miracol non è dunque se si parte
de l’animo a Ruggier ogni pensiero
c’havea d’amar Alcina, hor che la trova
in guisa che sua fraude non le giova.
75
Ma (come l’avisò Melissa) stette
senza mutar il solito sembiante
fin che de l’arme sue (più dì neglette)
si fu vestito dal capo alle piante;
et per non farle ad Alcina suspette
finse provar s’in esse era aiutante;
finse provar se gli era fatto grosso,
dopo alcun dì che non l’ha havute indosso.
76
Et Balisarda poi si messe al fianco
(che così nome la sua spada havea);
et quel scudo mirabile tolse ancho,
che non pur gli occhi abbarbagliar solea,
ma l’anima facea sì venir manco,
che del corpo exhalata esser parea;
lo tolse et col zondado in che trovollo,
che tutto lo copria, sel misse al collo.
77
Venne alla stalla, e fece briglia e sella
porre a un caval più che la pece nero:
così Melissa l’havea instrutto, ch’ella
sapea quanto nel corso era liggiero.
Chi lo connosce, Rabican l’appella;
et è quel proprio che col cavalliero
di cui li venti hor presso al mar fan giuoco
portò già la Balena in questo luoco.
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Potea haver l’Hippogrypho similmente,
che presso a Rabicano era legato;
ma gli havea detto la Maga: – Habbi mente,
ch’egli è (come tu sai) troppo sfrenato. –
E gli diede intention ch’el dì seguente
lo condurebbe a-llui fuor di quel stato,
là dove ad agio poi sarebbe instrutto
come frenarlo e farlo gir per tutto;
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né suspetto darà, se non lo tolle,
de la tacita fuga ch’apparecchia.
Fece Ruggier come Melissa volle,
ch’invisibil ognhor gli era all’orecchia:
così fingendo, del lascivo e molle
Palazzo uscì de la puttana vecchia,
e si venne accostando ad una porta
donde è la via ch’a Logistilla porta.
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Assaltò li guardiani all’improviso
e si cacciò tra lor col ferro in mano,
e qual lasciò ferito, et qual ucciso;
e corse fuor del ponte a mano a mano:
e prima che n’havesse Alcina aviso,
di molto spatio fu Ruggier lontano.
Dirò nel altro canto che via tenne;
poi come a Logistilla se ne venne.