CANTO VIGESIMOQUARTO

1
Cortesi donne hebbe l’antiqua etade,
che le virtù, non le ricchezze, amaro:
al tempo nostro si ritrovan rade
a cui, più del guadagno, altro sia caro;
ma quelle poche, c’han tanta bontade
che non seguon di molte il stilo avaro,
vivendo, degne son viver contente,
e fama eterna haver poi che sian spente.
2
Degna d’immortal laude è Bradamante,
che non amò thesor, non amò impero,
ma la virtude e l’animo prestante
e l’alta gentilezza di Ruggiero;
e meritò che ben le fusse amante
un così valoroso cavalliero,
e per piacere a lei facesse cose
ne’ secoli avenir miracolose.
3
Lasciai nel altro canto che Ruggiero
con dui di Chiaramonte era venuto,
dico con Ricciardetto et Aldigiero,
per dar a’ dui fratei prigioni aiuto.
Vi dissi anchor che armato un cavalliero
era comparso lor, non connosciuto,
che portava l’augel che se ritruova
unico al mondo, e al fuoco si rinuova.
4
Quel cavallier, che de li tre s’accorse,
che sul sentiero insieme erano stretti,
in prova disegnò di voler porse
per sentir come saldi haveano i petti.
E poi ch’a lor vicino il caval torse,
– È di voi (disse) alcuno a chi diletti
far un colpo di lancia meco o dui,
sì che si veggia chi è miglior di nui? –
5
– Farei (disse Aldigier) teco, o volessi
menar la spada a cerco o correr l’hasta;
ma un’alta impresa, che se qui tu stessi
veder potresti, questa turba e guasta;
di parlar teco, non che ci trahessi
a correr giostra, a pena tempo basta:
seicento huomini al varco o più attendemo,
co’ quali hoggi provarsi obligo havemo.
6
Per tôr lor dui de’ nostri, che prigioni
quinci trarran, pietade e amor n’ha mosso. –
E seguitò narrando le cagioni
che li fece venir con l’arme indosso.
– Sì giusta è questa excusa che m’opponi
(disse il guerrier), che contradir non posso;
e fo certo giudicio che voi siate
tre cavallier che pochi pari habbiate.
7
Io chiedea un colpo o dui con voi scontrarme
per veder quanto fusse il valor vostro;
ma quando al’altrui spese dimostrarme
lo vogliate, mi basta, e più non giostro.
Ben priego che vi piaccia tra quest’arme
annoverar la lancia e il scudo nostro;
e spero dimostrar, se con voi vegno,
che di tal compagnia non sono indegno. –
8
Parmi veder ch’alcun saper disia
el nome di costui, che quivi giunto
a Ruggier e compagni s’offeria
compagno d’arme al periglioso punto:
costei, non più costui detto vi sia,
era Marphisa, c’havea il mal assunto
dato al miser Zerbin de la ribalda
vecchia Gabrina, ad ogni mal sì calda.
9
Li dui di Chiaramonte e il buon Ruggiero
accettaron Marphisa in la sua schiera,
ch’esser credeano certo un cavalliero,
e non donzella, e non quella ch’ella era.
Non molto dopo scoperse Aldigiero
e mostrò alli compagni una bandiera
che facea l’aura tremolare in volta,
e intorno havea gente a caval raccolta.
10
E poi che più lor fur fatti vicini
e che meglio notâr l’habito Moro,
connobbero che li eran Saracini,
e videro i prigioni in mezo loro
legati e tratti su piccol ronzini
a’ Maganzesi, per cambiarli in oro.
Disse Marphisa a li altri: – Hora che resta,
poi che son qui, di cominciar la festa? –
11
Ruggier rispose: – L’invitati anchora
non ci son tutti, e manca una gran parte.
Gran ballo s’apparecchia di far hora;
e perché sia solenne, usiamo ogni arte:
ma far non ponno homai lunga dimora. –
Così dicendo, veggono in disparte
venir li traditori di Maganza:
sì che eran presso a comminciar la danza.
12
Giungean da l’una parte i Maganzesi,
e conducean con loro i muli carchi
d’oro e di vesti et altri ricchi arnesi;
dal’altra in mezo a lance, spade et archi,
stavan dolenti i duo germani presi,
ch’attesi si vedeano essere ai varchi:
e Bertolagi, empio inimico loro,
udian parlar col capitano Moro.
13
Né il figliuolo di Bovo né d’Amone,
veduto il Maganzese, indugiar pote.
La lancia in resta l’uno e l’altro pone,
e l’uno e l’altro il traditor percuote;
l’un gli passa la pancia e il primo arcione,
e l’altro il viso per mezo le gote:
così n’andasser tutti li malvagi
come a quei colpi n’andò Bertolagi.
14
Marphisa con Ruggiero a questo segno
si move, e non attende altra trombetta;
né prima rompe l’arrestato legno
che tre, l’un dopo l’altro, in terra getta.
De l’hasta di Ruggier fu il pagan degno,
che guidò li altri, e uscì di vita in fretta;
e per quella medesima con lui
uno et un altro andò ne’ regni bui.
15
Di qui nacque uno error tra li assaliti,
che lor causò lor ultima ruina.
Quinci li Maganzesi esser traditi
credeansi da la squadra saracina;
quindi li Mori in tal modo feriti
l’altra schiera chiamaveno assassina:
e tra lor comminciâr con fera clade
a tirar archi e vibrar lancie e spade.
16
Salta hor in questa squadra et hora in quella
Ruggiero, e ne tol via quindici o venti:
altritanti per man de la donzella
di qua e di là ne son scemati e spenti.
Tanti si veggiono ir morti di sella,
quanti ne toccan le spade taglienti,
a cui dàn l’elmi e le corazze luoco
come nel bosco i legni secchi al fuoco.
17
Se mai d’haver veduto vi racorda
o rapportato v’ha fama all’orecchie
come, quando il collegio si discorda,
uscendo in aria a guerreggiar le pecchie,
entri fra lor la Rondinella ingorda,
e mangi e uccida e guastine parecchie;
devete imaginar che simelmente
Ruggier fusse e Marphisa in quella gente.
18
Non così Ricciardetto e il suo cugino
tra le due genti varïavan danza,
perché, lasciando il campo saracino,
solo havean l’occhio a quelli di Maganza.
Il fratel di Rinaldo paladino
con molto animo havea molta possanza,
e quivi raddoppiar gli la facea
l’odio che contra Maganzesi havea.
19
Facea parer questa medesma causa
un leon fiero il bastardo di Bovo,
che con la spada senza indugia e pausa
fende ogni elmo, o lo schiaccia come un ovo.
E qual persona non serìa stata ausa
e non serìa comparsa un Hettòr nuovo,
Marfisa havendo in compagnia e Ruggiero,
ch’era l’eletta e il fior d’ogni guerriero?
20
Marphisa tuttavolta combattendo,
spesso a’ compagni gli occhi rivoltava;
e di lor forza paragon vedendo,
con maraviglia tutti li lodava:
ma di Ruggier pur il valor stupendo
senza uguaglianza alcuna le sembrava;
e talhor si credea che fusse Marte
sceso dal quinto cielo in quella parte.
21
Mirava quelle horribili percosse,
miravale non mai calare in fallo.
Parea che contra Balisarda fosse
el ferro charta, e non duro metallo:
fendeva li elmi e le corazze grosse
da’ capi fin al ventre, e da cavallo
in parti ugual facea caderli al prato,
così da l’un come da l’altro lato.
22
Continuando la medesma botta,
uccidea col signore il caval anche;
li capi da le spalle alzava in frotta,
e li busti partia spesso da l’anche.
Cinque e se’ a un colpo ne tagliò talhotta:
e se non che pur dubito che manche
credenza al ver c’ha faccia di menzogna,
di più direi; ma di men dir bisogna.
23
El buon Turpin, che sa che dice il vero
e lascia creder poi quel che al huom piace,
narra mirabil cose di Ruggiero,
ch’udendo il stimareste voi mendace.
Così parea di giaccio ogni guerriero
contra Marphisa, et ella ardente face;
e non men di Ruggier gli occhi a sé trasse,
ch’ella di lui l’alto valor mirasse.
24
E s’ella lui Marte stimato havea,
stimato egli havria lei forse Bellona
se per donna così la connoscea,
come parea il contrario alla persona.
Forse emulatïon tra lor nascea
per quella gente misera, non buona,
perché alle spese d’altrui sangue et ossa
provavan chi di lor havea più possa.
25
Bastò di quattro l’animo e il valore
a far ch’un campo e l’altro andasse rotto.
Non restava arme, a chi fuggìa, migliore
che quella che si porta più di sotto:
beato chi ’l cavallo ha corridore,
ch’in prezzo non è quivi ambio né trotto;
e chi non ha destrier, quivi s’avede
quanto il mistier de l’arme è tristo a piede.
26
Riman la preda e il campo a’ vincitori,
che non è fante o mulatier che resti:
là Maganzesi, e qua fùggieno i Mori;
quei lasciano i prigion, le some questi.
Furon, con lieti visi e più co i cori,
li dui di Chiaramonte a scioglier presti
Malagigi e Viviano, e fur lor paggi
non manco d’essi presti a i carrïaggi.
27
Oltra una buona quantità d’argento
ch’in diverse vasella era formato,
et alcun mulïebre vestimento
di lavoro bellissimo fregiato,
e per stanze reali un paramento
d’oro e di seta in Fiandra lavorato,
et altre cose ricche in copia grande;
fiaschi di vin trovâr, pane e vivande.
28
Al trar de l’elmi, tutti vider come
havea lor dato aiuto una donzella:
fu connosciuta all’auree crespe chiome
et alla faccia delicata e bella.
L’honoran molto, e pregano ch’el nome
di gloria degno non ascondi; et ella,
che sempre tra li amici era cortese,
di sé buon conto volentier lor rese.
29
Non si ponno satiar di riguardarla;
che la vider sì fera in la battaglia.
Sol mira ella Ruggier, sol con lui parla:
altri non prezza, altri non par che vaglia.
Vengono i servi intanto ad invitarla
con li compagni, ove la vittuaglia
apparecchiata havean sopra una fonte
che difendea dal raggio estivo un monte.
30
Era una de le fonti di Merlino,
di quattro che per Francia n’havea fatte,
d’intorno cinta di bel marmo fino,
lucido e terso, e bianco più che latte.
Quivi d’intaglio havea in lavor divino,
d’huomini e fiere, imagini retratte:
direste che spiravano, e se prive
non fussero di voce, ch’eran vive.
31
Quivi una bestia uscir de la foresta
parea, di crudel vista, odiosa e brutta,
c’havea l’orecchie d’asino, e la testa
di lupo e’ denti, e per gran fame asciutta;
branche havea di leon; l’altro che resta
tutto era volpe: e parea scorrer tutta
l’Alemagna, la Francia e l’Inghilterra,
Italia, Spagna, e al fin tutta la terra.
32
Per tutto havea genti ferite e morte,
né più la bassa plebe che li capi
de cittadi e provincie: anzi più forte
noceva a Regi, a Principi e Satràpi.
Facea più danno in la Romana corte,
che v’havea uccisi Cardinali e Papi:
contaminato havea la bella sede
di Pietro, e messo scandalo in la fede.
33
Non sta dinanzi a questa Bestia horrenda
alcun ripar: cade ogni mur che tocca;
non si vede città che se difenda:
se le apre incontra ogni castello e ròcca.
Par che a li honor divini ancho s’estenda
e sia adorata da la gente sciocca,
e che le chiavi s’arrogi d’havere
del cielo e del abysso in suo potere.
34
Poi si vedea d’Imperïale alloro
cinto le chiome un cavallier venire
con tre gioveni a par, che i gigli d’oro
tessuti havean nel lor real vestire;
e con insegna simile, con loro
parea un Leon contra quel Mostro uscire:
havean lor nomi chi sopra la testa,
e chi nel lembo scritto de la vesta.
35
L’un c’havea sin a l’elsa ne la pancia
la spada immersa alla maligna fiera,
Francesco primo, havea scritto, di Francia;
Maximigliano d’Austria a par seco era,
e Carlo di Borgogna, che di lancia
havea passato il Mostro alla gorgiera;
l’altro era, che di stral gli figea il petto,
Enrigo ottavo d’Inghilterra detto.
36
Decimo havea il Leon scritto sul dosso,
c’havea attaccate l’Asinine orecchi;
e tanto il Mostro havea fermato e scosso,
che v’erano arrivati altri parecchi.
Parea del mondo ogni timor rimosso;
et in emenda de li errori vecchi
nobil gente accorrea, non perhò molta,
donde alla Belva era la vita tolta.
37
Li cavallieri stavano, e Marphisa,
con desiderio di connoscer questi,
per le cui mani era la Bestia uccisa,
che fatti havea tanti luochi atri e mesti.
Avegna che la pietra fusse incisa
de’ nomi lor, non eran manifesti.
Si pregano tra lor, che se sapesse
l’historia alcuno, agli altri la dicesse.
38
Volse Viviano a Malagigi gli occhi,
che stava a udire e non facea lor motto:
– A te (disse) narrar l’historia tocchi,
ch’esser ne déi, per quel ch’io veggia, dotto.
Chi son costor che con saette e stocchi
e lance a morte han l’Animal condotto? –
Rispose Malagigi: – Non è historia
di che sin qui ne faccia author memoria.
39
Questi (havete a saper) che li nomi hanno
scritti nel marmo, al mondo mai non furo;
ma fra settecento anni vi seranno,
con gran splendor del secolo futuro.
Merlino, il savio incantator Britanno,
fe’ far la fonte al tempo del Re Arturo;
e de cose ch’al mondo hanno a venire
la fe’ da buoni artìfici sculpire.
40
Questa bestia crudele uscì del fondo
del inferno a quel tempo che fur fatti
li termini alli campi, e che fu il pondo
trovato e la misura, e scritti i patti.
Ma non andò a principio in tutto il mondo;
di sé lasciò molti paesi intatti:
al tempo nostro in molti luochi sturba;
ma populari offende e la vil turba.
41
Dal suo principio insino al secol nostro
sempre è cresciuto, et anderà crescendo:
sempre crescendo, al lungo andar fia il Mostro
lo maggior che mai fusse e lo più horrendo.
Quel Phython, che per charte e per inchiostro
s’ode che fu sì horribile e stupendo,
alla metà di questo non fu tutto,
né tanto abominevol né sì brutto.
42
Crudel strage farà, né serà luoco
che non guasti, contamini et infetti:
e quanto mostra la scultura è poco
de li nefandi suoi crudeli effetti.
Al mondo, di gridar mercé già roco,
questi di chi li nomi havemo letti,
che chiari splenderan più che piropo,
verranno a dare aiuto al maggior uopo.
43
Alla fiera crudele il più molesto
non serà di Francesco Re de’ Franchi:
e ben convien che molti exceda in questo,
e nessun prima, e pochi n’habbia a’ fianchi;
quando in real splendor, quando nel resto
di virtù farà molti parer manchi,
che già parver compiuti; come cede
tosto ogn’altro splendor, ch’el Sol si vede.
44
L’anno primier del fortunato regno,
non ferma anchor ben la corona in fronte,
passerà l’Alpe, e romperà il disegno
di chi all’incontro havrà occupato il monte,
da giusto spinto e generoso sdegno,
che vendicate anchor non sieno l’onte
che dal furor da paschi e mandre uscito
l’exercito di Francia havrà patito.
45
E quindi scenderà nel ricco piano
di Lombardia, col fior di Francia drieto,
e su gli occhi del popul di Milano
ucciderà l’Elvetio immansueto;
né il campo de la Chiesa, né l’Hispano,
né il Fiorentin gli potrà far divieto:
expugnerà il castel, che prima suto
serà non expugnabile tenuto.
46
Sopra ogn’altre arme, ad expugnarlo, molto
più gli varrà quella honorata spada
con che già prima havrà di vita tolto
el Monstro corruttor d’ogni contrada:
convien ch’inanzi a quella sia rivolto
in fuga ogni stendardo, o a terra vada;
né fossa, né ripar, né grosse mura
potran da lei tener città sicura.
47
Questo principe havrà quanta excellenza
haver felice Imperator mai debbia:
l’animo del gran Cesar, la prudenza
di chi mostrolla a Transimeno e a Trebbia,
con la fortuna d’Alexandro, senza
cui serìa fumo ogni disegno e nebbia.
Serà sì liberal, ch’io lo contemplo
non haver qui né paragon né exemplo. –
48
Così diceva Malagigi, e messe
disire a’ cavallier d’haver contezza
del nome d’alcun altro ch’uccidesse
l’infernal bestia, uccider li altri avezza.
Quivi un Bernardo tra’ primi si lesse,
che Merlin molto nel suo scritto apprezza:
– Per lui fia nota (dice) Bibïena
quanto Fiorenza sua vicina e Siena. –
49
Quivi non è chi piedi inanzi pona
a Hippolyto, a Gismondo, a Ludovico:
da Este, da Gonzaga, d’Aragona,
ciascuno al fiero Mostro aspro nemico.
V’è Francesco di Mantua, né abbandona
le sua vestigie il figlio Federico;
et ha il cognato e il genero vicino,
quel di Ferrara, e quel Duca d’Urbino.
50
Ma Consalvo Ferrante ove ho lasciato,
l’Hispano honor, ch’in tanto pregio v’era,
che fu da Malagigi sì lodato,
che pochi il pareggiâr di quella schiera?
Guglielmo si vedea di Monferrato
fra quei che morto havean la brutta fiera;
et eran pochi verso l’infiniti
ch’ella v’havea chi morti e chi feriti.
51
In giuochi honesti e parlamenti lieti,
dopo mangiar, spesero il caldo giorno,
corcati su finissimi tapeti
tra li arbuscelli ond’era il rivo adorno.
Malagigi e Vivian, perché quïeti
più fusser li altri, tenean l’arme intorno;
quando una donna senza compagnia
vider, che verso lor dritto venìa.
52
Questa era quella Hippalca a chi fu tolto
el caval di Ruggier da Rodomonte.
L’havea il dì inanzi ella seguito molto,
pregandolo hora, hora dicendogli onte;
ma non giovando, havea il pensier rivolto
d’ire a trovar Ruggiero; e in Agrismonte,
dove sua via la trasse, le fu detto
che quivi il troveria con Ricciardetto.
53
E perché il luoco ben sapea (che v’era
stata altre volte), se ne venne al dritto
all’ombrosa fontana; e in la maniera
lo ritrovò, ch’io v’ho di sopra scritto.
Ma come buona e cauta messaggiera
che sa meglio essequir che non l’è ditto,
quando vide il fratel di Bradamante,
non connoscer Ruggier fece sembiante.
54
A Ricciardetto tutta rivoltosse,
sì come drittamente a lui venisse;
e quel, che la connobbe, se le mosse
incontra e dimandò dove ne gisse.
Ella, ch’anchora havea le luci rosse
del pianger lungo, suspirando disse
(ma disse forte, acciò che fusse expresso
a Ruggier il suo dir, ch’era lui presso).
55
– Mi trahea drieto (disse) per la briglia,
come imposto m’havea la tua sorella,
un bel cavallo e buono a maraviglia,
ch’ella molto ama e che Frontino appella,
credendolo condur sin a Marsiglia,
dove in breve devea poi venire ella;
e l’havea tratto de le miglia venti
senza mai ritrovar impedimenti.
56
Era sì baldanzoso il creder mio,
ch’io non stimavo alcun di cor sì saldo
che me l’havesse a tôr, dicendogli io
ch’era de la sorella di Rinaldo.
Ma vano il mio disegno hieri m’uscìo,
che me lo tolse un Saracin ribaldo;
né per udir di chi Frontino fusse,
mai a volerlo rendermi s’indusse.
57
Tutto hieri lo pregai, l’ho pregato hoggi;
e poi che nulla valse, al fin lasciallo
di qui poco lontano, oltra quei poggi,
là dove ha gran mistier del buon cavallo;
perché con li occhi più che fuoco roggi
dianzi lo vidi in periglioso ballo
contra un guerrier ch’in tal travaglio il mette,
che spero c’habbia a far le mie vendette. –
58
Ruggier a quel parlar salito in piede,
c’havea potuto a pena il tutto udire,
si volta a Ricciardetto, e per mercede
e premio e guidardon del ben servire
(prieghi aggiungendo senza fin) gli chiede
che con la donna sol lo lasci gire
tanto ch’el Saracin gli sia mostrato,
ch’el buon destrier di man le havea levato.
59
A Ricciardetto, anchor che discortese
el concedere altrui troppo paresse
di terminar le a sé debite imprese,
al voler di Ruggier pur se rimesse:
e quel licentia da’ compagni prese,
e con Hippalca a ritornar si messe,
lasciando, a quei che rimanean, stupore,
non maraviglia pur del suo valore.
60
Poi che da li altri allontanato alquanto
Hippalca l’hebbe, gli narrò che ad esso
era mandata da colei che tanto
havea nel core il suo valore impresso;
et senza finger più, seguitò quanto
la sua Donna al partir le havea commesso,
e che se dianzi havea altrimente detto,
per la presentia fu di Ricciardetto.
61
Disse che chi le havea tolto il destriero,
anchor detto l’havea con molto orgoglio:
– Perché so ch’el cavallo è di Ruggiero,
più volentier per questo te lo toglio.
S’egli di ricovrarlo havrà pensiero,
fagli saper, ch’asconder non gli voglio,
che io son quel Rodomonte il cui valore
nel mondo appar con immortal splendore. –
62
Ascoltando, Ruggier mostrò nel volto
di quanto sdegno acceso il cor gli sia,
sì perché caro havria Frontino molto,
sì perché venìa il don donde venìa,
sì perché in suo dispregio gli par tolto;
vede che biasmo e dishonor gli fia
se tôrlo a Rodomonte non s’affretta,
e sopra lui non fa degna vendetta.
63
La donna Ruggier guida, e non soggiorna,
che por lo brama col Pagano a fronte;
e giunge ove la strada fa dua corna:
l’un va giù al piano, e l’altro va su al monte;
e quello e questo in la vallea ritorna,
dove ella havea lasciato Rodomonte.
Aspra, ma breve, era la via del colle;
l’altra più lunga assai, ma piana e molle.
64
El desiderio che conduce Hippalca
d’haver Frontino e vendicar l’oltraggio
fa ch’el sentier de la montagna calca,
donde molto più curto era il vïaggio.
Per l’altra intanto il Re d’Algier cavalca
con Mandricardo e li altri che detto haggio;
e giù nel pian la via più facil tiene,
né con Ruggiero ad incontrar si viene.
65
Come habbian le querele differite
quelli dui Re, fin che soccorso sia
al Re Agramante, et habbian de lor lite
la cagion, Doralice, in compagnia,
so che v’è a mente; hora il successo udite.
Alla fontana fu lor dritta via,
dove Aldigier, Marphisa, Ricciardetto,
Malagigi e Vivian stanno a diletto.
66
Marphisa a’ prieghi de’ compagni havea
veste da donna et ornamenti presi,
di quelli ch’a Lanfusa si credea
mandare il traditor de’ Maganzesi;
e ben che veder raro si solea
senza l’usbergo e li altri buoni arnesi,
pur quel dì se li trasse; e come donna,
a’ prieghi lor lasciò vedersi in gonna.
67
Tosto che vede il Tartaro Marphisa,
per la credenza c’ha di guadagnarla,
in ricompensa e in cambio ugual s’avisa,
di Doralice, a Rodomonte darla;
sì come Amor si regga a questa guisa,
che vender la sua donna o commutarla
possa l’amante, né a ragion s’attrista
se quando una ne perde, una ne acquista.
68
Per dunque provedergli di donzella,
acciò per sé quest’altra si ritegna,
Marphisa, che gli par liggiadra e bella
e d’ogni cavallier femina degna,
come habbia ad haver questa, come quella,
subito cara, a lui donar disegna;
e quelli cavallier che con lei vede,
a giostra seco et a battaglia chiede.
69
Malagigi e Vivian, che l’arme haveano
come per guardia e sicurtà del resto,
si mossero dal luoco ove sedeano
e s’acconciaro alla battaglia presto,
perché giostrar con amendui credeano;
ma l’Aphrican, che non venìa per questo,
non ne fe’ segno o movimento alcuno:
sì che la giostra restò lor contra uno.
70
Viviano è il primo, e con gran cor si muove,
e nel venire abbassa un’hasta grossa;
e ’l Re Pagan da le famose pruove
da l’altra parte vien con maggior possa.
Dirizza l’un e l’altro, e segna dove
crede meglio fermar l’aspra percossa:
Viviano indarno a l’elmo il Pagan fere;
che non lo fa piegar, non che cadere.
71
El Re Pagan, c’havea più l’hasta dura,
fe’ il scudo di Vivian parer di giaccio;
e fuor di sella, in mezo la verdura,
lo mandò all’herbe et alli fiori in braccio.
Vien Malagigi, e ponsi in aventura
di vendicare il suo fratello avaccio;
ma poi d’andargli appresso hebbe tal fretta,
che gli fe’ compagnia più che vendetta.
72
L’altro fratel fu prima del cugino
coll’arme indosso e sul caval salito;
e disfidato contra il Saracino
venne a scontrarlo a tutta briglia ardito.
Risonò il colpo in mezo a l’elmo fino
di quel Pagan sotto la vista un dito:
volò al ciel l’hasta in quattro tronchi rotta;
ma non mosse il Pagan per quella botta.
73
El Pagan ferì lui dal lato manco;
e la ferita fu di sì gran forza,
che poco il scudo e la corazza manco
gli valse, che s’aprîr come una scorza.
Passò il ferro crudel l’homero bianco:
piegò Aldigier ferito a poggia e ad orza;
tra fiori et herbe al fin si vide avolto,
rosso su l’arme, e pallido nel volto.
74
Con molto ardir vien Ricciardetto appresso;
e nel venire arresta sì gran lancia,
che mostra ben, come ha mostrato spesso,
che degnamente è paladin di Francia:
et al Pagan ne facea segno expresso
se fusse stato pare alla bilancia;
ma sossopra n’andò, perché il cavallo
gli cadde adosso, e non già per suo fallo.
75
Poi ch’altro cavallier non se dimostra
ch’al Pagan per giostrar volti la fronte,
pensa haver guadagnato de la giostra
la donna, e venne a lei presso alla fonte;
e disse: – Damigella, sète nostra,
s’altro non è per voi ch’in sella monte.
Non potete negarlo o farne excusa;
che di ragion di guerra così s’usa. –
76
Marphisa, alzando con un viso altiero
la faccia, disse: – Il tuo parer molto erra.
Io ti concedo che diresti il vero,
ch’i’ serìa tua per la ragion di guerra,
quando mio signor fusse o cavalliero
alcun di questi c’hai gettato in terra.
Io sua non son, né son d’altri che mia:
dunque me tolga a me chi mi disia.
77
So scudo e lancia adoperare anch’io,
e più d’un cavalliero in terra ho posto. –
– Presto arrecate l’arme e il destrier mio! –
gridò a’ scudier, che l’ubidiron tosto.
Trasse la gonna, et in farsetto uscìo;
e le belle fattezze e il ben disposto
corpo mostrò, ch’in ciascuna sua parte,
fuor che nel viso, assimigliava a Marte.
78
Poi che fu armata, la spada se cinse
e sul caval montò d’un leggier salto;
e qua e là tre volte e quattro il spinse,
e quinci e quindi il fe’ girare in alto;
e poi, sfidando il Saracino, strinse
la grossa lancia e comminciò l’assalto:
tal ne’ campi Troiani esser devea
contra il Thessalo Achil Pantesilea.
79
Le lancie insin al calce si fiaccaro,
a quello horribil scontro, come vetro;
né perhò chi le corsero piegaro,
che si notasse, un dito solo a dietro.
Marphisa, che volea connoscer chiaro
s’a più stretta battaglia simil metro
servaria contra sé il fiero Pagano,
se gli rivolse con la spada in mano.
80
Biastemmiò il cielo e li elementi il crudo
Pagan, poi che restar la vide in sella;
Marphisa, che pensò rompergli il scudo,
non men sdegnosa contra il ciel favella.
Già l’uno e l’altro ha in mano il ferro nudo,
e su le fatali arme si martella:
l’arme fatali han parimente intorno,
che mai non bisognâr più di quel giorno.
81
Sì buona è quella piastra e quella maglia,
che spada o lancia non la taglia o fora;
sì che potea seguir l’aspra battaglia
tutto quel giorno e l’altro appresso anchora.
Ma Rodomonte in mezo lor si scaglia,
e dice al suo rival: – Se far dimora
per singular battaglia qui far vuoi,
finiàn la comminciata hoggi fra noi.
82
Facemmo (come sai) triegua con patto
di dar soccorso alla militia nostra;
e non devemo, prima che sia fatto,
incomminciare altra battaglia o giostra. –
Indi a Marphisa riverente in atto
si volta, e humanamente le dimostra
el messo, e narra come sia venuto
a chieder lor per Agramante aiuto.
83
La priega poi che le piaccia non solo
lasciar quella battaglia o differire,
ma che voglia in aiuto del figliuolo
del Re Troian con essi lor venire;
onde la fama sua con maggior volo
potrà far meglio insin al ciel salire,
che, per querela di poco momento,
dando a tanto disegno impedimento.
84
Marphisa, che fu sempre disïosa
di provar quei di Carlo a spada e lancia,
né l’havea indutta a venire altra cosa
di sì lontana regïone in Francia,
se non per esser certa se famosa
lor nominanza era per vero o ciancia,
tosto d’andar con lor partito prese
che d’Agramante il gran bisogno intese.
85
Ruggiero in questo mezo havea seguito
indarno Hippalca per la via del monte;
e trovò, giunto al luoco, che partito
per altra via se n’era Rodomonte:
e pensando che lungi non era ito
e ch’el sentier tenea dritto alla fonte,
trottando in fretta drieto gli venìa
per l’orme che eran fresche in su la via.
86
Vòlse che Hippalca a Montalban pigliasse
la via, ch’una giornata era vicino;
perché s’alla fontana ritornasse,
si torria troppo dal dritto camino.
E disse a lei che già non dubitasse
che non s’havesse a ricovrar Frontino:
ben le farebbe a Montalbano, o dove
si trovasse ella, udir presto le nuove.
87
E le diede la lettera che scrisse
in Agrismonte, e che se portò in seno;
e molte cose a bocca ancho le disse,
e la pregò che lo excusasse a pieno.
El tutto Hippalca in la memoria fisse,
prese licentia e voltò il palafreno;
e non cessò la buona messaggiera,
ch’in Montalban si ritrovò la sera.
88
Ruggier seguiva Rodomonte in fretta
per l’orme che apparian ne la via piana,
ma non ne puòte haver prima vedetta
che fusse ritornato alla fontana.
Già fatta era la tregua ch’io v’ho detta;
perché alla gente d’Aphrica e alla Hispana,
senza più differir, fusse soccorso
prima che Carlo lor ponesse il morso.
89
Quivi giunto Ruggier, Frontin connobbe,
e connobbe per lui chi adosso gli era;
e su la lancia fe’ le spalle gobbe,
e sfidò l’Aphrican con voce altiera.
Rodomonte quel dì fe’ più che Iobbe,
poi che domò la sua superbia fiera;
e recusò la pugna che havea usanza
di sempre egli cercar con ogni instanza.
90
El primo giorno e l’ultimo, che pugna
mai recusasse il Re d’Algier, fu questo;
ma tanto il desiderio che si giugna
in soccorso al suo Re gli par honesto,
che se credesse haver Ruggier in l’ugna
più c’habbia tigre mai cervio mal presto,
non se vorria fermar tanto con lui
che fêsse un colpo de la spada o dui.
91
Giùngevi che sapea ch’era Ruggiero
che seco per Frontin volea battaglia,
tanto famoso, ch’altro cavalliero
non è ch’a par di lui di gloria saglia,
l’huom che bramato ha di saper per vero
experimento quanto in arme vaglia;
e pur non vuol seco accettar l’impresa:
tanto l’assedio del suo Re gli pesa.
92
Trecento miglia sarebbe ito e mille,
se ciò non fusse, a comperar tal lite;
ma se l’havesse hoggi sfidato Achille,
più fatto non havria di quel che udite:
tanto a quel punto sotto le faville
le fiamme havea del suo furor sopite.
Narra a Ruggier perché pugna rifiuti;
e prega anchor ch’el suo disegno aiuti:
93
che facendol, farà quel che far deve
al suo signore un cavallier fedele.
Sempre che questo assedio poi si leve,
havranno tempo a terminar querele.
Ruggier rispose a lui: – Mi serà lieve
differir questa pugna fin che de le
forze di Carlo si traggia Agramante,
pur che mi rendi il mio Frontino inante.
94
Se lo provarti c’hai fatto gran fallo
e fatto hai cosa indegna a un hom forte,
d’haver tolto a una donna il mio cavallo,
vuoi ch’io prolunghi fin che siamo in corte,
lascia Frontino, e nel mio arbitrio dàllo.
Non pensar altrimente ch’io supporte
che la battaglia qui tra noi non segua,
né ch’io ti faccia sol d’un’hora tregua. –
95
Mentre Ruggiero al Aphrican dimanda
o Frontino o battaglia allhora allhora,
e quello in lungo l’uno e l’altro manda,
né vuol dar il destrier, né far dimora;
Mandricardo ne vien da un’altra banda,
e mette in campo un’altra lite anchora,
poi che vede Ruggier che per insegna
porta l’augel che sopra li altri regna.
96
Nel scudo azur l’Aquila bianca havea,
che de’ Troiani fu l’insegna bella:
perché Ruggier l’origine trahea
dal fortissimo Hettòr, portava quella.
Ma questo Mandricardo non sapea;
né vuol patire, e grande ingiuria appella,
che debbia, altro che sé, nel scudo porre
l’Aquila bianca del famoso Hettorre.
97
Portava egli nel scudo similmente
l’augel che rapì in Ida Ganymede:
l’hebbe, poi ch’in l’impresa fu vincente
al castel de la fata, per mercede.
Credo che ben vi sia l’historia a mente,
quando insieme la fata gli lo diede
col resto di quell’arme che Vulcano
già havea donate al cavallier Troiano.
98
Altra volta a battaglia erano stati
Mandricardo e Ruggier solo per questo;
e per che caso fusser destornati
io nol dirò, che già v’è manifesto.
Dopo non s’eran mai più raccozzati,
se non adesso; e Mandricardo presto
che mirò il scudo, alzò il superbo grido
minacciando, e a Ruggier disse: – Io te sfido.
99
Tu la mia insegna, temerario, porti;
né questo è il primo dì ch’io te l’ho detto.
E credi, pazzo, anchor che lo comporti,
per una volta ch’io t’hebbi rispetto?
Ma poi che né minaccie né conforti
ti pôn questa follia levar dal petto,
ti mostrerò quanto miglior partito
t’era d’havermi subito ubidito. –
100
Come ben riscaldato àrrido legno
a piccol soffio subito s’accende,
così s’avampa di Ruggiero il sdegno
al primo motto che di questo intende.
– Ti pensi (disse) farmi stare al segno
perché quest’altro anchor meco contende?
Ma mostrerotti ch’i’ son buon per tôrre
a lui Frontino, a te il scudo d’Hettorre.
101
Un’altra volta pur per questo venni
teco a battaglia, e non è gran tempo ancho;
ma d’ucciderti allhora mi contenni,
perché tu non havevi spada al fianco.
Io farò fatti adesso, allhor fur cenni;
e mal serà per te quel augel bianco
ch’antiqua insegna è stata di mia gente:
tu te l’usurpi, io ’l porto giustamente. –
102
– Anzi t’usurpi tu l’insegna mia! –
rispose Mandricardo; e trasse il brando,
quello che poco inanzi per follia
havea gettato alla foresta Orlando.
El buon Ruggier, che di sua cortesia
non può non sempre ricordarsi, quando
vide il Pagan c’havea tratta la spada,
la lancia c’havea in man gettò in la strada.
103
E quasi a un tempo Balisarda stringe,
la buona spada, e meglio il scudo imbraccia:
ma l’Aphrican in mezo ’l caval spinge,
e Marphisa con lui presto si caccia;
e l’uno questo, e l’altro quel respinge,
e pregano amendui che non si faccia.
Rodomonte si duol che rotto il patto
due volte ha Mandricardo, che fu fatto:
104
prima, credendo guadagnar Marphisa,
s’era fermato a correr tante lance;
et hor col figlio del guerrier di Risa
s’era attaccato per favole e ciance.
– Se pur (dicea) déi fare a questa guisa,
alla battaglia nostra ritorniance,
convenïente e più debita assai
ch’alcuna di quest’altre che prese hai.
105
Con tal conditïon fu stabilita
la tregua e questo accordo ch’è fra nui.
Come la pugna teco havrò finita,
poi del destrier responderò a costui.
Tu del tuo scudo, rimanendo in vita,
la lite havrai da terminar con lui;
ma ti darò da far tanto, mi spero,
che non avanzerà troppo a Ruggiero. –
106
– La parte che ti pensi, non havrai, –
rispose Mandricardo a Rodomonte:
– io te ne darò più che non vorrai,
e ti farò sudar dal piè alla fronte;
e me ne rimarrà per darne assai,
come non manca mai l’acqua del fonte,
et a Ruggiero et a mill’altri seco,
e a tutto il mondo che la voglia meco. –
107
Moltiplicavan l’ire e le parole
quando da questo e quando da quel lato:
con Rodomonte, con Ruggier la vuole
tutto in un tempo Mandricardo irato;
Ruggier, ch’oltraggio sopportar non suole,
non vuol più accordo, anzi litigio e piato.
Marphisa hor va da questo, hor da quel canto
per riparar, ma non può sola tanto.
108
Come il villan, se per le fragil sponde
penetra il fiume e cerca nuova strada,
frettoloso a vietar che non affonde
li verdi paschi e la sperata biada,
chiude una via et un’altra, e si confonde;
che se ripara quinci che non cada,
quindi vede lassar li argini molli
e fuor l’acqua spicciar con più rampolli:
109
così, mentre Ruggiero e Mandricardo
e Rodomonte son tutti sossopra,
ch’ognun vuol dimostrarsi più gagliardo
de li compagni e rimaner di sopra,
Marphisa, ch’acchetarli havea riguardo,
molto s’affanna, e perde il tempo e l’opra;
che, come ne spicca uno e lo ritira,
li altri dui risalir vede con ira.
110
Marphisa, che volea porli d’accordo,
dicea: – Signori, udite il mio consiglio:
differire ogni lite è buon ricordo
fin che Agramante sia fuor di periglio.
S’ognun vuole al suo fatto esser ingordo,
anch’io con Mandricardo mi ripiglio;
e vuo’ vedere al fin se guadagnarme
(come egli ha detto) è buon per forza d’arme.
111
Ma se si de’ soccorrere Agramante,
soccorrasi, e tra noi non si contenda. –
– Per me non si starà d’andare inante, –
disse Ruggier, – pur ch’el caval si renda.
O che mi dia il cavallo, a far di tante
una parola, o che da me il difenda:
o che qui morto ho da restare, o ch’io
in campo ho da tornar sul destrier mio. –
112
Rispose Rodomonte: – Ottener questo
non fia così, come quell’altro, lieve. –
E seguitò dicendo: – Io ti protesto
che s’alcun danno il nostro Re riceve,
fia per tua colpa; ch’io per me non resto
di far a tempo quel che far si deve. –
Ruggiero a quei protesti poco bada;
ma stretto dal furor stringe la spada.
113
Al Re d’Algier come Cingial si scaglia,
e l’urta sì del scudo e de la spalla,
e in modo lo disordina e sbarraglia,
che fa che d’una staffa il piè gli falla.
Mandricardo gli grida: – O la battaglia
differisci, Ruggiero, o meco fàlla; –
e crudele e fellon più che mai fosse,
Ruggier su l’elmo in questo dir percosse.
114
Fin sul collo al destrier Ruggier s’inchina,
né quando vuolsi rilevar si pote;
perché gli sopraggiunge la ruina
del figlio d’Ulïen che lo percuote:
se non che l’elmo era di tempra fina,
gli fendea il capo per mezo le guote.
Ruggier stordito ambe le mani aperse,
e l’una il fren, l’altra la spada perse.
115
Porta il caval Ruggier per la campagna;
drieto gli resta in terra Balisarda.
Marphisa, che quel dì fatta compagna
se gli era d’arme, par che avampi et arda
che fra que’ dui Ruggier solo rimagna:
e come era magnanima e gagliarda,
si drizza a Mandricardo, e col potere
c’havea maggior, sopra la testa il fiere.
116
Rodomonte a Ruggier drieto si spinge:
vinto è il caval, s’un’altra gli n’appicca;
ma Ricciardetto con Vivian si stringe,
e tra Ruggiero e il Saracin si ficca.
L’uno urta Rodomonte e lo rispinge,
e da Ruggier per forza lo dispicca;
l’altro la spada sua, che fu Viviano,
pone a Ruggier, già risentito, in mano.
117
Tosto ch’el buon Ruggiero in sé ritorna
e che Vivian la spada gli appresenta;
pien d’ira sì, che ne trabbocca l’orna,
per vendicarsi al Re d’Algier s’aventa,
come il leon che tolto su le corna
dal bue sia stato, e ch’el dolor non senta:
sì l’ira, il sdegno, l’impeto l’affretta,
stimola e sferza a far la sua vendetta.
118
Ruggier sul capo al Saracin tempesta:
e se la spada sua si ritrovasse,
che, come ho detto, al comminciar di questa
pugna di man gran fellonia gli trasse,
mi credo che a difendere la testa
di Rodomonte l’elmo non bastasse,
l’elmo che fece il Re far di Babelle
quando muover pensò guerra alle stelle.
119
La Discordia, credendo non potere
altro esser quivi che contese e risse,
né vi devesse mai più luoco havere
o pace o tregua, alla sorella disse
c’homai sicuramente a rivedere
li monachetti suoi seco venisse.
Lasciànle andare, e stiàn qui dove in fronte
Ruggiero havea ferito Rodomonte.
120
Fu ’l colpo di Ruggier di sì gran forza,
che fece in su la groppa di Frontino
percuoter l’elmo e quella dura scorza
di che havea armato il dosso il Saracino,
e lui tre volte e quattro a poggia et orza
piegar per ire in terra a capo chino;
e la spada egli anchora havria perduta,
se legata alla man non fusse suta.
121
Havea Marphisa a Mandricardo intanto
fatto sudar la fronte, il viso, il petto,
et egli a lei havea fatto altrotanto;
ma sì l’usbergo d’ambi era perfetto,
che mai potêr falsarlo in nessun canto,
e stati eran sin qui pari in effetto:
ma in un voltar che fece il suo destriero,
bisogno hebbe Marphisa di Ruggiero.
122
El caval di Marphisa in un voltarsi
che fece stretto, ove era molle il prato,
sdrucciolò in guisa che non puoté aitarsi
di non cader tutto sul destro lato;
e nel volere in fretta rilevarsi,
da Brigliador fu pel traverso urtato,
con che il Pagan poco cortese venne;
sì che cader di nuovo gli convenne.
123
Ruggier, che la Donzella a mal partito
vide giacer, non differì il soccorso
hor che l’agio n’havea, poi che stordito
da sé lontan quel altro era trascorso:
ferì sul elmo il Tartaro; e partito
quel colpo gli havria il capo come un torso,
se Ruggier Balisarda havesse havuta,
o Mandricardo in capo altra barbuta.
124
El Re d’Algier, che se risente in questo,
si volge intorno, e Ricciardetto vede;
e se ricorda che gli fu molesto
dianzi, quando soccorso a Ruggier diede.
A lui si drizza, e gli havria dato presto
del male ufficio suo mala mercede,
se con grande arte e nuovo incanto tosto
non se gli fusse Malagigi opposto.
125
Malagigi, che sa d’ogni malia
quel che ne sappia alcun Mago excellente,
anchor ch’el libro suo seco non sia,
con che fermare il Sole era possente,
pur la scongiuratione onde solia
commandare a’ demonii haveva a mente:
presto con essa in corpo un ne constringe
d’un palafren, sì che in furor lo spinge.
126
Nel palafren, che sul guarnito dosso
la bella figlia havea di Stordilano,
fece intrar un de li angel di Minosso
sol con parole il frate di Viviano:
e quel che dianzi mai non s’era mosso,
se non quanto ubidì al sprone e alla mano,
hor d’improviso spiccò in aria un salto
che trenta piè fu lungo e sedici alto.
127
Fu grande il salto, non perhò di sorte
che ne devesse alcun perder la sella.
Quando si vide in alto, gridò forte,
che si tenne per morta, la Donzella.
Quel ronzin, come il diavol se lo porte,
dopo un gran salto se ne va con quella,
che pur grida soccorso, in tanta fretta,
che non l’havrebbe giunto una saetta.
128
Da la battaglia il figlio d’Ulïeno
si levò al primo suon di quella voce;
e dove furïava il palafreno,
per la Donna aiutar n’andò veloce.
Mandricardo di lui non fece meno:
non più a Ruggier, non più a Marphisa nuoce;
ma, senza chieder loro o paci o tregue,
e Rodomonte e Doralice segue.
129
Marphisa intanto si levò di terra,
e tutta ardendo di disdegno et ira,
credesi far la sua vendetta, et erra;
che troppo lungi il suo nemico mira.
Ruggier, c’haver tal fin vede la guerra,
rugge come un leon, non che sospira.
Ben sanno che Frontino e Brigliadoro
giunger non pôn con li cavalli loro.
130
Ruggier non vuol cessar fin che decisa
col Re d’Algier non l’habbia del cavallo;
non vuol quietar il Tartaro Marphisa,
che provato a suo senno ancho non hallo:
lasciar la sua querela a questa guisa
parrebbe a l’uno e a l’altro troppo fallo.
Di commune parer disegno fassi
di chi offesi li havea seguire i passi.
131
Quando non possan ritrovarli prima,
nel campo Saracin li troveranno;
che nanzi ch’el Re Carlo il tutto opprima,
per tôrlo da l’assedio iti seranno.
Quivi facendo ritrovarli stima,
al hoste Saracin diritti vanno.
Già non andò Ruggier così di botto,
che non facesse alli compagni motto.
132
Ruggier se ne ritorna ove in disparte
era il fratel de la sua donna bella,
et al servigio suo per ogni parte
per fortuna se gli offre e buona e fella:
indi lo priega (e lo fa con bella arte)
che saluti in suo nome la sorella;
e questo così ben gli venne detto,
che né a lui diè né alli altri alcun sospetto.
133
E da lui, da Vivian, da Malagigi,
dal ferito Aldigier tolse commiato:
et essi s’offeriro alli servigi
di lui, debitor sempre in ogni lato.
Marphisa havea sì il cor ire a Parigi
che salutar li amici havea scordato;
ma Malagigi andò tanto e Viviano,
che pur la salutaron di lontano,
134
e così Ricciardetto; ma Aldigiero
giace, e convien che suo mal grado resti.
Verso Parigi havean preso il sentiero
quelli dui prima, et hor lo piglian questi.
Dirvi, signor, ne l’altro canto spero
miracolosi e soprahumani gesti,
che con danno de li huomini di Carlo
ambe le coppie fêr, di chi vi parlo.