CANTO TRIGESIMOSETTIMO
1
L’odor ch’è sparso in ben notrita e bella
o chioma o barba o delicata vesta
di giovene liggiadro o di donzella,
ch’Amor sovente lachrymando desta,
se spira e fa sentir di sé novella,
e dopo molti giorni anchora resta,
mostra con chiaro et evidente effetto
come a principio buono era e perfetto.
2
L’almo liquor ch’a i meditori suoi
fece Icaro gustar con suo gran danno,
e che si dice che già Celte e Boi
fe’ passar l’Alpe e non sentir l’affanno,
mostra che dolce era a principio, poi
che si serva anchor dolce al fin de l’anno.
L’arbor ch’al tempo rio foglia non perde
mostra che a primavera era anchor verde.
3
L’inclyta stirpe che per tanti lustri
raggiò di cortesia sempre gran lume,
e par ch’ognhor più ne risplenda e lustri,
fa che con chiaro indicio si presume
che chi progenerò li Estensi illustri
devea, d’ogni laudabile costume
che sublimar al ciel gli huomini suole,
splender non men che fra le stelle il Sole.
4
Ruggier, pur come in ciascadun suo gesto,
d’alto valor e cortesia solea
dimostrar chiaro segno e manifesto,
e sempre più magnanimo parea;
così verso Dudon si mostrò in questo:
con lui (come di sopra vi dicea)
dissimulato havea quanto era forte,
per pietà ch’egli havea ponerlo a morte.
5
Havea Dudon ben connosciuto certo
che ucciderlo Ruggier non l’ha voluto;
perché hor s’ha ritrovato al discoperto,
hor stanco sì, che più non ha potuto.
Poi che chiaro comprende, e vede aperto
che gl’ha rispetto, e che va ritenuto;
quando di forza e gagliardia val meno,
di cortesia non vuol cedergli almeno.
6
– Perdio (dice), signor, pace facciamo;
ch’esser non può più la vittoria mia:
esser non può più mia; che già mi chiamo
vinto e prigion de la tua cortesia. –
Ruggier rispose: – Et io la pace bramo
non men di te; ma che con patto sia,
che questi sette Re, che tu tien presi,
in libertà mi sian subito resi. –
7
E gli mostrò li sette Re ch’io dissi
che stavano legati a capo chino;
e gli soggiunse che non gli impedissi
pigliar con essi in Aphrica il camino.
E così furo in libertà remissi
quei Re; che glil concesse il paladino;
e gli concesse anchor che un legno tolse,
quel che a lui parve, e verso Aphrica sciolse.
8
Sciolse il naviglio, e fe’ scioglier la vela,
e se diè al vento perfido in possanza,
che da principio in la gonfiata tela
spirò secondo, e diè al nocchier baldanza.
Il lito fugge, e in tal modo si cela,
che par che ne sia il mar rimaso sanza.
Nel oscurar del giorno fece il vento
chiara la sua perfidia e il tradimento.
9
Mutosse da la poppa ne le sponde,
indi alla prora, e qui non rimase ancho:
ruota il naviglio, e li nocchier confonde;
c’hor di drieto, hor dinanzi, hor loro è al fianco.
Surgono altiere e minacciose l’onde;
muggendo sopra ’l mar va ’l gregge bianco.
Di tante morti in dubbio e in pena stanno,
quanto son l’acque che a ferir li vanno.
10
Hor da fronte, hor da tergo il vento spira,
e questo inanzi, e quello a dietro caccia;
altro vien da traverso e il legno aggira;
e ciascun pur naufragio gli minaccia.
Quel che siede al governo alto sospira,
pallido e sbigottito ne la faccia;
e grida invano, e invan con mano accenna
hor di voltar, hor di calar l’antenna.
11
Ma poco il cenno, e ’l gridar poco vale:
tolto è il veder da la piovosa notte;
la voce, senza udirsi, in aria sale,
in l’aria che ferìa con maggior botte
de’ naviganti il grido universale
e il fremito de l’onde insieme rotte;
e in prora e in poppa e in amendue le bande
non si può cosa udir che si commande.
12
Da la rabbia del vento che si fende
ne le ritorte, escono horribil suoni;
de spessi lampi l’aria si raccende,
risuona el ciel de spaventevol tuoni.
Chi va al timone, e chi li remi prende;
van per uso a gl’uffici a che son buoni:
chi s’affatica a sciorre e chi a legare;
vuota altri l’acqua, e torna il mar nel mare.
13
Ecco stridendo l’horribil procella
ch’el repentin furor di Borea spinge,
la vela contra l’arbore flagella:
el mar si lieva, e quasi il cielo attinge.
Frangonsi e’ remi; e di fortuna fella
tanto la rabbia impetüosa stringe,
che la prora si volta, e verso l’onda
riman la disarmata e debil sponda.
14
Tutta sotto acqua va la destra banda,
e sta per riversar di sopra il fondo.
Ognun, gridando, a Dio si raccomanda;
che più che certi son gire al profondo.
Fortuna d’un periglio in l’altro manda:
el primo scorre, e vien drieto il secondo.
Il legno vinto in più parti si lassa,
e dentro l’inimica onda vi passa.
15
Muove crudele e spaventoso assalto
da tutti i lati il tempestoso verno.
Veggion talvolta il mar venir tanto alto,
che par che arrivi insin al ciel superno.
Talhor fan sopra l’onde in su tal salto,
ch’a mirar giù par lor veder l’inferno.
O nulla o poca speme è che conforte;
e sta presente inevitabil Morte.
16
Tutta la notte per diverso mare
scórsero errando ove cacciolli il vento,
el fiero vento che devea cessare
nascendo il giorno, e ripigliò augumento.
Ecco improviso un scoglio inanzi appare;
voglion schivarlo, e non v’hanno argumento:
mal grado lor, li porta a quella via
el crudo vento e la tempesta ria.
17
Tre volte e quattro il pallido nocchiero
mette vigor perché il timon sia volto
e truovi più sicuro altro sentiero;
ma quel si rompe, e poi dal mar gli è tolto.
Ha sì la vela piena il vento fiero,
che non si può calar poco né molto:
né tempo han di riparo o di consiglio;
che troppo appresso è quel mortal periglio.
18
Poi che senza rimedio si comprende
la irreparabil rotta de la nave,
ciascuno al suo privato utile attende,
ciascun salvar la vita sua cura have.
Chi può più presto al palaschermo scende;
ma quello è fatto subito sì grave
per tanta gente che sopra gli abonda,
che poco avanza a gir sotto la sponda.
19
Ruggier che vide il Comite e ’l Padrone
e li altri abbandonar con fretta il legno,
come senz’arme si trovò in giuppone,
campar su quel battel fece disegno:
ma lo trovò sì carco di persone,
e tante venner poi, che l’acque il segno
passaro in guisa, che per troppo pondo
con tutto il carco andò il legnetto al fondo.
20
Andò nel fondo; e con lui trasse quanti
lasciaro a sua speranza il maggior legno.
Allhor s’udì con dolorosi pianti
chiamar soccorso dal celeste regno;
ma quelle voci andaro poco inanti,
che venne il mar pien d’ira e di disdegno,
e subito occupò tutta la via
onde il lamento e il flebil grido uscia.
21
Altri là giù, senza apparir più, resta;
altri risorge e sopra l’onde sbalza;
chi vien nuotando e mostra fuor la testa,
chi mostra un braccio, e chi una gamba scalza.
Ruggier, ch’el minaciar de la tempesta
temer non vuol, dal fondo al summo s’alza,
tanto che vede a poco più d’un miglio
il scoglio appresso, onde temea il naviglio.
22
Spera, per forza de piedi e de braccia,
salir nuotando in su quel scoglio al sciutto.
Soffiando viene, e lungi da la faccia
l’onda respinge e l’importuno flutto.
El vento intanto e la tempesta caccia
el legno vuoto, e abbandonato in tutto
da quelli che per lor pessima sorte
il desio di campar trasse alla morte.
23
Oh fallace de l’huomini credenza!
Campò il naviglio che devea perire,
quando il Padrone e i galleotti senza
governo alcun l’havean lassato gire.
Parve che si mutasse di sentenza
il vento, poi che ogn’huom vide fuggire:
fece ch’el legno a miglior via si torse,
sì che oltra il scoglio in sicura onda corse.
24
E dove col Nocchier tenne via incerta,
poi che non l’hebbe andò in Aphrica al dritto,
e venne a capitar presso a Biserta
tre miglia o due, dal lato verso Egytto;
e ne l’arena sterile e deserta
restò, mancando il vento e l’acqua, fitto.
Hor quivi sopravenne, a spasso andando,
come di sopra io vi narrava, Orlando.
25
E desïoso di saper se fusse
la nave sola, o fusse vuota o carca,
con Brandimarte a quella si condusse
e col Cognato, su una lieve barca.
Poi che sottocoverta s’introdusse,
d’huomini e mercantie la trovò scarca:
vi trovò sol Frontino, il buon destriero,
l’armatura e la spada di Ruggiero;
26
di cui fu per campar tanto la fretta,
ch’a tuor la spada non hebbe pur tempo.
Connobbe quella il paladin, che detta
fu Balisarda, e che già sua fu un tempo.
So che tutta l’historia havete letta,
come la tolse a Falerina, al tempo
che le distrusse ancho il giardin sì bello,
e come a lui poi la rubò Brunello;
27
e come sotto il monte di Carena
Brunel ne fe’ a Ruggier libero dono.
Di che taglio ella fusse e di che schiena,
n’havea già fatto experimento buono;
i’ dico Orlando: e perhò n’hebbe piena
letitia, e ringrationne il summo Trono;
e si credette (e spesso il disse dopo)
che Dio la gli mandasse a sì grande uopo:
28
a sì grande uopo, quanto era, devendo
condursi col signor di Sericana;
ch’oltra che di valor fosse tremendo,
sapea che havea Baiardo e Durindana.
L’altra armatura, non la connoscendo,
non apprezzò per cosa sì soprana,
come apprezzar solea chi connobbe ella;
per buona sì, ma più per ricca e bella.
29
E perché gli facean poco mistiero
l’arme, ch’era inviolabile e affatato,
contento fu che l’havesse Oliviero;
il brando non, che sel pose egli al lato:
a Brandimarte consegnò il destriero.
Così diviso et ugualmente dato
vòlse che fusse a ciascadun compagno,
ch’insieme si trovâr, di quel guadagno.
30
Pel dì de la battaglia ogni guerriero
studia haver ricco e nuovo habito indosso.
Orlando riccamar fa nel quartiero
l’alto Babel dal fulmine percosso.
Un can d’argento haver vuole Oliviero,
che giaccia, e che la lassa habbia sul dosso
con un motto che dica: Fin che vegna;
e vuol d’oro la veste e di sé degna.
31
Fece disegno Brandimarte, al giorno
de la battaglia, per amor del padre
e per suo honor, di non andare adorno
se non di sopraveste oscure et adre.
Fiordiligi le fe’ con fregio intorno,
quanto più seppe far, belle e liggiadre:
di ricche gemme il fregio era contesto;
d’un schietto drappo e tutto nero il resto.
32
Fece la donna di sua man le sopra-
vesti a chi converriano arme più fine,
onde l’usbergo il cavallier si copra,
e la groppa al cavallo e il petto e il crine.
Ma da quel dì che cominciò questa opra,
continuando a quel che le diè fine,
e dopo anchora, mai segno di riso
non puòte far, né d’allegrezza in viso.
33
Sempre ha timor nel cor, sempre tormento
che Brandimarte suo non le sia tolto.
Già l’ha veduto in cento luoghi e cento
in gran battaglie e perigliose involto;
né puòte mai, come hor, simil spavento
dentro aggiacciarla e impallidir in volto:
e questa novità d’haver timore
le fa tremar di doppia tema il core.
34
Poi che fur d’arme e d’ogni arnese in punto,
alzaro al vento i cavallier le vele.
Astolfo e Sansonetto con l’assunto
rimase del exercito fedele.
Fiordiligi col cor di timor punto,
empiendo il ciel di voti e di querele,
quanto con vista seguitar le puòte,
seguì le vele in l’alto mar remote.
35
Astolfo a gran fatica e Sansonetto
puoté levarla da mirar nel’onda,
e ritrarla al palagio, ove sul letto
la lasciaro affannata e tremebonda.
Portava intanto il bel numero eletto
de li tre cavallier l’aura seconda:
andò il legno a trovar l’isola al dritto,
eletta a terminar tanto conflitto.
36
Sceso nel lito il cavallier d’Anglante,
il cognato Oliviero e Brandimarte,
col padiglione il lato di Levante
primi occupâr; né forse il fêr senza arte.
Giunse quel dì medesimo Agramante,
e s’accampò da la contraria parte;
ma perché molto era inchinata l’hora,
differîr la battaglia ne l’aurora.
37
Di qua e di là sin alla nuova luce
stero alla guardia i servitori armati.
La sera Brandimarte si conduce
tra l’una tenda e l’altra in mezo i prati,
ma non senza licentia del suo Duce,
a parlar col Re d’Aphrica; che stati
erano amici, e sotto la bandiera
di lui d’Aphrica in Francia passato era.
38
Dopo i saluti e il giunger mano a mano,
molte ragion, sì come amico, disse
el fedel cavalliero al Re Pagano,
perché a questa battaglia non venisse:
e di riporli ogni cittade in mano,
che sia tra il Nilo e il segno che Hercol fisse,
con volontà d’Orlando gli offeria,
se creder volea al figlio di Maria.
39
– Perché sempre v’ho amato et amo molto,
questo consiglio (gli dicea) vi dono;
e quando già, signor, per me l’ho tolto,
creder potete ch’io l’estimo buono.
Io mi conversi a Christo, e Machon stolto
e mendace connobbi; e come io sono
ne la via di salute, così bramo
che ci sien meco anchor tutti quei ch’amo.
40
Qui consiste il ben vostro; né consiglio
altro potete prender, che vi vaglia;
e men de tutti li altri, se col figlio
di Milon vi mettete alla battaglia;
ch’el guadagno del vincere al periglio
de la perdita grande non s’uguaglia:
vincendo voi, poco acquistar potete;
ma non perder già poco, se perdete.
41
Quando uccidiate Orlando, e noi compagni
c’havete in campo da veder con lui,
non perhò veggio che si riguadagni
d’Aphrica vostra un sol castel per vui.
Né devete voi creder che si cagni
sì il stato de le cose, morti nui,
c’huomini a Carlo manchino da porre
quivi a guardar fin all’estrema torre. –
42
Così parlava Brandimarte, et era
per suggiunger anchor molte altre cose;
ma fu con voce irata e faccia altiera
dal Pagano interrotto, che rispose:
– Temerità per certo e pazia vera
è la tua, e di qualunque che si pose
a consigliar mai cosa o buona o ria,
dove chiamato a consigliar non sia.
43
E ch’el consiglio che mi dài proceda
da ben che tu mi vuoli et hai voluto,
io non so (a dir il ver) come t’el creda,
quando sei con Orlando qui venuto.
Più presto crederò che tu, ch’in preda
sai che del Diavol sei, né speri aiuto,
voresti teco nel dolor eterno
tutto il mondo poter trarre all’inferno.
44
Che a vincere habbia o perdere, o nel regno
tornare antiquo o sempre starne in bando,
in mente sua n’ha Dio fatto disegno,
il qual né veder io posso, né Orlando.
Sia quel che vuol, non potrà ad atto indegno
di Re inchinarmi mai timore; e quando
fussi certo morir, vuo’ restar morto,
prima ch’al sangue mio far sì gran torto.
45
Hor ti puoi ritornar; che se migliore
non sei dimane in questo campo armato
che tu mi ci sia parso hoggi oratore,
mal troverasse Orlando accompagnato. –
Fur l’ultime parole che uscîr fuore
queste tra lor; che l’uno e l’altro irato
se ne tornò a’ compagni, e ripososse
fin che uscito del mare il giorno fosse.
46
Nel biancheggiar de la nuova alba, armati
e in un momento fur tutti a cavallo.
Pochi sermon si son tra lor usati:
non vi fu indugia, non vi fu intervallo,
ch’i ferri de le lancie hanno abbassati.
Ma mi paria, Signor, far troppo fallo
se, per voler di costor dir, lasciassi
tanto Ruggier nel mar, che v’affogassi.
47
El Giovinetto con piedi e con braccia
percotendo venìa l’horribil onde.
El vento e la tempesta gli minaccia;
ma più la conscïenza lo confonde:
teme che Christo vendetta non faccia;
che, poi che battizarse in l’acque monde,
quand’hebbe tempo, sì poco gli calse,
hor lo battezi in queste amare e salse.
48
Gli ritornano a mente le promesse
che tante volte alla sua donna fece;
quel che giurato havea quando si messe
contra Rinaldo, e nulla satisfece.
Sì che pentito, a Dio che non volesse
punirlo qui, tre volte e quattro e diece
disse; e votosse di core e di fede
farse christian, se ponea in sciutto il piede;
49
e mai più non pigliar spada né lancia
contra a’ Fedeli in aiuto de’ Mori;
ma che ritorneria subito in Francia
e a Carlo renderia debiti honori;
né Bradamante più terrebbe a ciancia,
e verria a honesto fin de li sui amori.
Miracol fu, che sentì al fin del voto
crescersi forza e agevolarsi il nuoto.
50
Cresce la forza e l’animo indefesso:
Ruggier percuote l’onde e le respinge,
l’onde che seguon l’una all’altra appresso,
di che una il lieva, un’altra lo sospinge.
Così montando e discendendo spesso
con gran travaglio, al fin l’arena attinge;
e da la parte onde s’inchina il colle
più verso il mar, esce bagnato e molle.
51
Fur tutti l’altri, che nel mar si diero,
vinti da l’onde, e al fin restâr ne l’acque.
Nel solitario scoglio uscì Ruggiero,
come all’alta Bontà divina piacque.
Poi che fu sopra il monte inculto e fiero
sicur dal mar, nuovo pensier gli nacque
d’havere exilio in sì strette confine,
e di morirvi di disagio al fine.
52
Ma pur col core indomito, e constante
di patir quanto è in ciel di lui prescritto,
pei duri sassi l’intrepide piante
mosse, poggiando invêr la cima al dritto.
Non era cento passi andato inante,
che vide d’anni e d’astinentie afflitto
huom c’havea d’Eremita habito e segno,
di summissione e reverentia degno;
53
che, come gli fu presso: – Saulo, Saulo
(gridò), perché persegui la mia fede? –
come allhor il Signor disse a san Paulo,
ch’el colpo salutifero gli diede.
– Passar credesti il mar, né pagar naulo,
e defraudare altrui de la mercede.
Vedi che Dio, c’ha lunga man, ti giunge
quando tu gli pensasti esser più lunge. –
54
E seguitò il santissimo Eremita,
el qual la notte inanzi havuto havea
in visïon da Dio, che con sua aita
Ruggiero al scoglio capitar devea:
e di lui tutta la passata vita
e la futura, e anchor la morte rea,
figli e nipoti et ogni discendente
gli havea Dio revelato intieramente.
55
Seguitò l’Eremita riprendendo
prima Ruggiero; e al fin poi confortollo.
Lo riprendea ch’era ito differendo
sotto il soave giuogo a porre il collo;
e quel che devea far, libero essendo,
quando Christo pregando a sé chiamollo,
fatto havea poi con poca gratia, quando
venir con sferza il vide minacciando.
56
Poi confortollo che mai Christo il cielo
non niega o presto o tardi a chi lo chiede;
e di quelli operarii del Vangelo
narrò, che tutti hebbeno ugual mercede.
Con charitade e con devoto zelo
lo venne ammaestrando ne la fede,
verso la cella sua con lento passo,
ch’era cavata a mezo il duro sasso.
57
Di sopra siede alla devota cella
una piccola chiesa che risponde
all’Orïente, assai commoda e bella:
di sotto un bosco scende sino all’onde,
di lauri e di ginepri e di mortella,
e di palme fruttifere e feconde;
che riga sempre una liquida fonte
che con mormorio cade giù dal monte.
58
Erano de l’anni hormai presso a quaranta
che l’Eremita in sul scoglio si messe;
ch’a menar vita solitaria e santa
luoco opportuno il Salvator gli elesse.
De frutte colte hor d’una hor d’altra pianta,
e d’acqua pura la sua vita resse,
che valida e robusta e senza affanno
era venuta all’ottuagesimo anno.
59
Dentro la cella il vecchio accese il fuoco
e la mensa ingombrò di varii frutti,
dove si ricreò Ruggiero un poco,
poi c’hebbe i panni e li capelli asciutti.
Imparò poi più ad agio in questo luoco
de la fé nostra li mysterii tutti;
et alla pura fonte hebbe battesmo
el dì seguente dal Vecchio medesmo.
60
Secondo il luoco, assai contento stava
quivi Ruggier; ch’el buon servo di Dio
fra pochi giorni intentïon gli dava
di rimandarlo ove più havea disio.
Di molte cose intanto ragionava
con lui sovente, hor al regno di Dio,
hora a gli propri casi appertinenti,
hora al suo sangue e a sue future genti.
61
Havea il Signor, che tutto intende e vede,
revelato al santissimo Eremita
che Ruggier da quel dì c’hebbe la fede
devea quattro anni, e non più, star in vita;
che per la morte che sua Donna diede
a Pinabel, ch’a-llui fia attribuita,
serìa, e per quella anchor di Bertolagi,
morto da i Maganzesi empi e malvagi.
62
Ma serìa tanto il tradimento occulto,
ch’indi a più giorni alcun non lo sapria,
excetto quei ch’anchor l’havrian sepulto
dove anchor fatto havrian la fellonia.
Staria lunga stagion per questo inulto,
e la sua Moglie invan per lunga via
col ventre pien cercando l’andarebbe,
fin che in Italia a parturir verrebbe.
63
Fra l’Adice e la Brenta a piè de’ colli
ch’al Troiano Anthenòr piacqueno tanto,
con le sulphuree vene e rivi molli,
e con feconde glebe in ogni canto,
che con l’alta Ida volentier mutolli,
col sospirato Ascanio e caro Xanto,
verrebbe a parturir ne le foreste
che son poco lontane al Phrigio Ateste.
64
E ch’in bellezza et in valor cresciuto
el parto suo, che pur Ruggier fia detto,
e del sangue Troian riconnosciuto
da quei Troiani, in lor signor fia eletto;
e poi da Carlo, a cui sarà in aiuto
contro li Longobardi giovinetto,
dominio giusto avrà del bel paese,
e titolo honorato di Marchese.
65
E perché dirà Carlo in latino: – Este
voi signor qui, – quando faralli il dono,
nel secolo futur nominato Este
serà il bel luoco con augurio buono;
e così lascierà il nome d’Ateste
de le due prime note il vecchio suono.
Havea Dio anchora al servo suo predetta
di Ruggier la futura aspra vendetta:
66
ch’in visïone alla fedel consorte
apparirà dinanzi al giorno un poco;
e le dirà chi l’havrà messo a morte
e, dove giacerà, mostrerà il luoco:
ond’ella poi con la Cognata forte
destruggerà Pontieri a ferro e a fuoco;
né farà a Maganzesi minor danni
il figlio suo Ruggier, com’habbia l’anni.
67
D’Alberti, Obizi et Azzi amplio discorso
fatto gli haveva, e di lor stirpe bella,
insino a Nicolò, Leonello e Borso,
Hercole, Alfonso, Hippolyto e Issabella.
Ma il santo Vecchio, ch’alla lingua ha il morso,
non di quanto egli sa perhò favella:
narra a Ruggier quel che narrar conviensi;
e quel che in sé de’ ritener, ritiensi.
68
In questo tempo Orlando e Brandimarte
e ’l Marchese Olivier col ferro basso
vanno a trovare il saracino Marte,
che così nominar si può Gradasso,
e l’altri dui che da contraria parte
han mosso i buon destrier più che di passo;
io dico il Re Agramante e ’l Re Sobrino:
ribomba al corso il lito e ’l mar vicino.
69
E quando al scontro vengono a trovarsi,
e in tronchi vola al ciel rotta ogni lancia,
del gran rumor fu visto il mar gonfiarsi,
del gran rumor che s’udì sino in Francia.
Venne Orlando e Gradasso a riscontrarsi;
e potea star ugual questa bilancia,
se non era il vantaggio di Baiardo,
che fe’ parer Gradasso più gagliardo.
70
Percosse egli il destrier di minor forza,
ch’Orlando havea, d’un urto così strano,
che lo fece piegar a poggia et orza,
et poi cader, quanto era lungo, al piano.
Orlando di levarlo si risforza
tre volte e quattro, e con sproni e con mano;
e quando al fin nol può levar, ne scende,
rimbraccia il scudo e Balisarda prende.
71
Scontrosse col Re d’Aphrica Oliviero;
e fur di quello incontro a paro a paro.
Brandimarte restar senza destriero
fece Sobrin: ma non si seppe chiaro
se v’hebbe il destrier colpa o ’l cavalliero;
che avezzo era a cader quel Pagan raro.
O del destriero o suo pur fosse il fallo,
Sobrin se ritrovò giù del cavallo.
72
Hor Brandimarte, che vide per terra
el Re Sobrin, non l’assalì altrimente,
ma contra il Re Gradasso se disserra,
c’havea abbattuto Orlando parimente.
Tra il Marchese e Agramante andò la guerra
come fu cominciata primamente:
poi che si ruppon l’haste in mezo i scudi,
s’eran tornati incontra a stocchi nudi.
73
Orlando, che Gradasso in atto vede
che par che a lui tornar poco gli caglia;
né tornar Brandimarte gli concede,
tanto lo stringe e tanto lo travaglia;
se volge intorno, e similmente a piede
vede Sobrin che sta senza battaglia:
vêr lui s’aventa; e al mover de le piante
fa il ciel tremar del suo fiero sembiante.
74
Sobrin, che di tanto huom vede l’assalto,
si stringe in l’armi e s’apparecchia tutto:
come nocchiero a cui vegna a gran salto
muggendo incontra il minaccioso flutto,
drizza la prora; e quando il mar tanto alto
vede salir, vorria trovarsi al sciutto.
Sobrino oppone il scudo alla ruina
che da la spada vien di Fallerina.
75
Di tal finezza è quella Balisarda,
che l’armi le pôn far poco riparo;
in man poi di persona sì gagliarda,
in man d’Orlando, unico al mondo o raro,
taglia quel scudo; e nulla la ritarda
perché cerchiato sia tutto d’acciaro:
taglia quel scudo e sino al fondo fende,
e sotto il scudo in su la spalla scende.
76
Scende in la spalla; e perché la ritruovi
di doppia lama e di maglia coperta,
non vuol che perhò molto la le giovi,
che di gran piaga non la lasci aperta.
Mena Sobrin; ma indarno è che si provi
ferir Orlando, a cui per gratia certa
diede il Motor del cielo e de le stelle
che mai forar non se gli può la pelle.
77
Raddoppia il colpo il valoroso Conte,
e pensa da le spalle il capo tôrgli.
Sobrin che sa il valor di Chiaramonte,
e che poco gli è valso il scudo opporgli,
s’arretra, ma non tanto che la fronte
non venisse ancho Balisarda a côrgli:
di piatto fu, ma il colpo tanto fello
ch’amaccò l’elmo e gl’intornò el cervello.
78
Cadde Sobrin del fiero colpo in terra,
donde a gran pezzo poi non è risorto.
Crede finita haver con lui la guerra
il paladino, e che si giaccia morto;
e verso il Re Gradasso si disserra,
che Brandimarte non meni a mal porto:
ch’el Pagan d’arme e di spada l’avanza
e di destriero, e forse di possanza.
79
L’ardito Brandimarte in su Frontino,
quel buon destrier che di Ruggier fu dianzi,
si porta così ben col Saracino,
che non par già che quel troppo l’avanzi:
e s’egli havesse usbergo così fino
come il Pagan, gli staria meglio inanzi;
ma gli convien (che mal si sente armato)
spesso dar luoco hor d’uno hor d’altro lato.
80
Altro caval non è che meglio intenda
di quel Frontino il cavalliero a cenno:
par che dovunque Durindana scenda,
hor quinci hor quindi habbia a schivarla senno.
Agramante e Olivier battaglia horrenda
altrove fanno, e giudicar si denno
per dui guerrier di pare in arme accorti,
e pochi differenti in esser forti.
81
Havea lasciato (come io disse) Orlando
Sobrino in terra; e verso il Re Gradasso,
soccorrer Brandimarte disïando,
come si trovò a piè, venìa a gran passo.
Era vicin per assalirlo, quando
vide per mezo il campo andare a spasso
el buon cavallo onde Sobrin fo spinto;
e per haverlo, presto si fu accinto.
82
Hebbe il caval, che non trovò contesa,
e levò un salto e si cacciò in la sella;
la spada in l’una man tenea sospesa,
prese la briglia in l’altra alla predella.
Gradasso vede Orlando, e non gli pesa
ch’a lui sen viene, e per nome l’appella:
ad esso e a Brandimarte e all’altro spera
far parer notte, e che non sia anchor sera.
83
Voltasi al Conte, e Brandimarte lassa,
e d’una punta lo truova al camaglio:
fuor che la carne, ogni altra cosa passa;
per forar quella è vano ogni travaglio.
Orlando a un tempo Balisarda abbassa;
non vale incanto ove ella mette il taglio:
dal elmo al scudo e dal scudo all’arnese
venne fendendo in giù ciò ch’ella prese;
84
e nel volto e nel petto e ne la coscia
lasciò ferito il Re di Sericana,
di cui non fu mai tratto sangue, poscia
c’hebbe quell’armi: hor gli par cosa strana
che quella spada (e n’ha dispetto e angoscia)
le tagli hor sì; né pur è Durindana.
E se più lungo il colpo era o più appresso,
l’havria dal capo sino al ventre fesso.
85
Più non bisogna c’habbia in l’arme fede,
come havea dianzi; che la prova è fatta.
Con più riguardo e più ragion procede
che non solea; meglio al parar s’adatta.
Brandimarte che Orlando intrato vede,
che gli ha di man quella battaglia tratta,
si pone in mezo all’una e l’altra pugna,
perché in aiuto, a chi n’habbia uopo, giugna.
86
Essendo la battaglia in cotal stato,
Sobrin, ch’era giacciuto in terra molto,
si levò, poi ch’in sé fu ritornato;
e molto gli dolea la spalla e il volto:
alzò la vista e mirò in ogni lato;
poi, dove vide il suo signor, rivolto,
per dargli aiuto i lunghi passi torse
tacito sì, che alcun non se ne accorse.
87
Venne drieto a Olivier che tenea li occhi
al Re Agramante e poco altro attendea;
e gli ferì li deretan ginocchi
del buon caval d’una percossa rea:
tagliati i nervi, è forza che trabbocchi.
Cade Olivier, né rïhaver potea
el manco piè, che al non pensato caso
sotto il destriero in staffa era rimaso.
88
Sobrin raddoppia il colpo, e di riverso
disegna ove gli pensa il capo tôrre;
ma lo vieta l’acciar lucido e terso,
che temperò Vulcan, portò già Hettorre.
Vede il periglio Brandimarte, e verso
il Re Sobrino a tutta briglia corre;
e lo fere in sul capo e gli dà d’urto:
ma il Vecchio fier risale in piè di curto;
89
e ritorna a Olivier per dargli spaccio,
sì che expedito all’altra vita vada;
o non lasciare almen ch’esca d’impaccio,
ma che si stia sotto il destriero a bada.
Olivier c’ha di sopra il miglior braccio,
sì che si può difender con la spada,
di qua e di là tanto percuote e punge,
che, quanta è lunga, fa Sobrin star lunge.
90
Spera, s’alquanto il tien da sé respinto,
in poco spatio uscir di quella pena.
Tutto di sangue il vede molle e tinto,
e che ne versa tanto in su l’arena,
che gli par c’habbia tosto a restar vinto:
debile è sì, che si sostiene a pena.
Fa per levarsi Olivier molte prove,
né da dosso il caval perhò si muove.
91
Trovato ha Brandimarte il Re Agramante,
e cominciato a tempestargli intorno:
hor con Frontin gli è al fianco, hora gli è inante,
con quel Frontin che gira come un Torno.
Buon caval ha il figliuol di Monodante;
non l’ha peggior il Re di Mezogiorno:
ha Brigliador, che gli donò Ruggiero
poi che lo tolse a Mandricardo altiero.
92
Vantaggio ha bene assai de l’armatura;
a tutta prova l’ha buona e perfetta.
Brandimarte la sua tolse a ventura,
qual haver puòte a tal bisogno in fretta:
ma sua animosità sì l’assicura,
ch’in miglior presto di cangiarla aspetta;
come ch’el Re Aphrican d’aspra percossa
gli habbia la spalla destra fatta rossa,
93
e serbi da Gradasso ancho nel fianco
piaga da non pigliar perhò da giuoco.
Tanto l’attese al varco il guerrier franco,
che di cacciar la spada trovò luoco:
gli spezzò il scudo, e ferì il braccio manco,
e poi ne la man destra il toccò un poco.
Ma questo un scherzo si può dire e un spasso
verso quel che fa Orlando e ’l Re Gradasso.
94
Gradasso ha mezo Orlando disarmato;
l’elmo gli ha in cima e da dui lati rotto,
e fattogli cadere il scudo al prato,
usbergo e maglia apertagli di sotto:
non l’ha ferito già, ch’era affatato.
Ma ’l paladino ha lui peggio condotto:
ch’in la faccia, in la gola, in mezo il petto
l’ha ferito, oltra quel che già v’ho detto.
95
Gradasso disperato, che si vede
del proprio sangue tutto molle e brutto,
e che Orlando del suo dal capo al piede
sta dopo tanti colpi anchora asciutto,
lieva il brando a due mani, e ben si crede
partirgli il capo, il petto, il ventre e ’l tutto:
e come disegnò, sopra la fronte
percosse a meza spada il fiero Conte.
96
E s’era altro che Orlando, l’havria fatto,
l’havria sparrato fin sopra la sella:
ma, come accolto l’havesse di piatto,
la spada ritornò lucida e bella.
De la percossa Orlando stupefatto,
vide, mirando in terra, alcuna stella:
lasciò la briglia, e ’l brando havria lasciato;
ma di catena al braccio era legato.
97
Del suon del colpo fu tanto smarrito
el corridor ch’Orlando havea sul dorso,
che discorrendo il polveroso lito
mostrando gìa quanto era buono al corso:
de la percossa il Conte trammortito,
non ha valor di ritenerli il morso.
Segue Gradasso, e l’havria presto giunto,
poco più che Baiardo havesse punto.
98
Ma nel voltar de li occhi, il Re Agramante
vide condutto al ultimo periglio:
che nel elmo el figliuol di Monodante
col braccio manco gli ha dato di piglio;
e quel gli ha dislacciato già dinante,
e tenta col pugnal nuovo consiglio;
né gli può far quel Re difesa molta,
perché di man gli ha anchor la spada tolta.
99
Volta Gradasso, e più non segue Orlando,
ma, dove vede il Re Agramante, accorre.
L’incauto Brandimarte, non pensando
ch’Orlando costui lasci da sé tôrre,
non gli ha né li occhi né ’l pensiero, instando
il coltel ne la gola al Pagan porre.
Giunge Gradasso, e a tutto suo potere
con la spada a due man l’elmo gli fere.
100
Padre del ciel, da’ fra li eletti tuoi
spiriti luoco al Martyr tuo fedele,
che giunto al fin de’ tempestosi suoi
vïaggi, in porto hormai lega le vele.
Ah Durindana, dunque esser tu puoi
al tuo signor Orlando sì crudele,
che la più grata compagnia e più fida
ch’egli habbia al mondo, inanzi tu gli uccida?
101
Era un cerchio di fer grosso dua dita
intorno all’elmo, e fu tagliato e rotto
dal gravissimo colpo, e fu partita
la cuffia de l’acciar ch’era di sotto.
Brandimarte con faccia sbigottita
giù del caval si riversciò di botto;
e fuor del capo fe’ con larga vena
correre di sangue un fiume su l’arena.
102
Il Conte si risente, e li occhi gira,
et ha il suo Brandimarte in terra scorto;
e sopra in atto il Serican gli mira,
che ben connoscer può ch’egli l’ha morto.
Non so s’in lui più puòte il duolo o l’ira;
ma da piangere il tempo havea sì corto,
che restò il duolo, e l’ira uscì più presto.
Signor, diròvi in l’altro canto il resto.