CANTO VIGESIMOTERTIO

1
È gran contrasto in giovenil pensiero
desir di laude et impeto d’amore,
né chi più vaglia, anchor si truova il vero;
che resta hor questo hor quel superïore.
Quivi hebbe in l’uno e in l’altro cavalliero
molta possanza il debito e l’honore;
che l’amorosa lite s’intermesse,
fin che soccorso il campo lor s’havesse.
2
Ma più ve l’hebbe Amor: che se non era
che così commandò la donna loro,
serìa durata la battaglia fera
fin ch’un n’havesse il triumphale alloro;
et Agramante invan con la sua schiera
atteso havria l’aiuto di costoro.
Dunque Amor sempre rio non se ritrova:
se spesso nuoce, ancho talvolta giova.
3
Hor l’uno e l’altro cavallier pagano,
c’ha differito altrove i suoi litigi,
va, per salvar l’exercito Aphricano,
con la donna gentil verso Parigi;
e va con essi anchora il piccol Nano,
che Rodomonte havea per li vestigi
del orgoglioso Re di Tartaria
molti giorni condotto e molta via.
4
Capitaro in un prato ove a diletto
erano cavallieri ad una fonte,
dui disarmati e dui c’havean l’elmetto,
con una donna di serena fronte.
Chi fusser quelli, altrove vi fia detto;
ma prima è convenevol ch’io racconte
del buon Ruggier, di cui vi fu narrato
c’havea summerso il bel scudo incantato.
5
Quindi seguendo il camin preso, venne
(già declinando il Sole) ad una terra
ch’el Re Marsiglio in mezo Francia tenne,
di man di Carlo tolta in quella guerra.
Né al ponte né alla porta si ritenne,
che non gli niega alcuno il passo o serra,
ben ch’intorno al castello e in su le fosse
gran quantità d’huomini e d’arme fosse.
6
Perch’era connosciuta da la gente
quella donzella c’havea in compagnia,
fu lasciato passar liberamente,
né dimandato pur donde venìa.
Giunse alla piazza, e la trovò lucente
del fuoco acceso; e fra la gente ria
vede legato star con viso smorto
un giovene dannato ad esser morto.
7
Ruggier come gli alzò gli occhi nel viso,
che chino a terra e lachrymoso stava,
di veder Bradamante gli fu aviso,
tanto il giovane a lei rassimigliava.
Più dessa gli parea, quanto più fiso
al volto e alla persona il riguardava;
e fra sé disse: – O questa è Bradamante,
o ch’io non son Ruggier come ero inante.
8
Per troppo ardir si deveva esser messa
del garzon condennato alla difesa;
e poi che mal la cosa le è successa,
ne sarà stata (come io veggio) presa.
Deh, perché tanta fretta, che con essa
non potessi trovarmi a questa impresa?
Ma Dio ringratio che ci son venuto,
che a tempo anchora io potrò darle aiuto. –
9
E sanza più indugiar la spada stringe
(c’havea al altro castel rotta la lancia),
e adosso il volgo inerme il caval spinge
su pei fianchi, pel petto e per la pancia.
Mena la spada a cerco, et a chi cinge
la fronte, a chi la gola, a chi la guancia.
Fugge il popul gridando; e la gran frotta
resta o sciancata o con la testa rotta.
10
Come stormo d’augei ch’in ripa a un stagno
vola sicuro e a sua pastura attende,
s’improviso dal ciel falcon grifagno
gli dà nel mezo et un ne batte o prende,
si sparge in fuga, ognun lascia il compagno,
e sol dil scampo suo cura si prende;
così veduto havreste far costoro,
tosto ch’el buon Ruggier diede fra loro.
11
A quattro o sei dal collo i capi netti
levò Ruggier, ch’indi a fuggir fur lenti;
altritanti partinne insino a i petti,
sin a gli occhi infiniti e sin a’ denti.
Conciedo ben che non trovasse elmetti,
ma ben di ferro assai cuffie lucenti:
e s’elmi fini ancho vi fusser stati,
son certo che non men li havria tagliati.
12
La forza di Ruggier non era quale
hor si ritrovi in cavallier moderno,
né in orso né in leon né in animale
altro più fiero, o nostrano od esterno.
Serìale forse il terremuoto uguale,
o il Gran diavol: non quel de lo inferno,
ma quel del mio signor, che va col fuoco
che a cielo e terra e mar dar si fa luoco.
13
D’ogni suo colpo mai non cadea manco
d’un huom in terra, e le più volte un paio;
e quattro a un colpo e cinque n’uccise ancho,
sì che si venne presto al centinaio.
Tagliava il brando che trasse dal fianco,
come un tenero latte, il duro acciaio.
Falerina, per dar morte ad Orlando,
fe’ nel giardin d’Orgagna il crudel brando.
14
Haverlo fatto poi ben le n’increbbe,
ch’el suo giardin disfar vide con esso.
Che stratio dunque, che ruina debbe
far hor ch’in man di tal guerrier è messo?
Se mai Ruggier furor, se mai forza hebbe,
se mai fu l’alto suo valor expresso,
qui l’hebbe, il pose qui, qui fu veduto,
sperando dar alla sua donna aiuto.
15
Qual fa la lepre contra i cani sciolti,
facea la turba contra lui riparo.
Quei che restaro uccisi furon molti;
furo infiniti quei ch’in fuga andaro.
La donna, c’havea intanto i lacci tolti
al giovene, de l’arme che lasciaro
quei che fuggìano, come seppe armollo,
e in man gli diè una spada e un scudo al collo.
16
Et egli, ch’era offeso, più che puòte
si vendicò de la misera gente:
e quivi fur sì le sue forze note,
che lo feron stimar ch’era valente.
Già havea attuffato le dorate ruote
il Sol ne la marina d’Occidente,
quando Ruggier vittorïoso e quello
giovene seco uscîr fuor del castello.
17
Quando il garzon sicuro de la vita
con Ruggier si trovò fuor de le porte,
molta gratia gli rese et infinita
con gentil modi e con parole accorte,
che non lo connoscendo, a dargli aita
si fusse messo a rischo de la morte;
e pregò che per nome gli dicesse
a chi in eterno haverne obligo havesse.
18
– Veggio – dicea Ruggier – la faccia bella
e le belle fattezze e il bel sembiante,
ma la suavità de la favella
non parmi udir de la mia Bradamante;
né la relatïon di gratie è quella
ch’ella usar debbia al suo fedel amante.
Ma se pur questa è Bradamante, hor come
ha sì presto in oblio messo il mio nome? –
19
Per ben spiarne il certo, accortamente
Ruggier gli disse: – T’ho veduto altrove;
et ho pensato e penso, e finalmente
non so né posso racordarmi dove.
Dimmelo tu, per dio, se l’hai a mente;
e dimmi ancho il tuo nome, acciò mi giove
poter narrare ad altri chi tu sei,
c’ho di man tolto a questi huomini rei. –
20
Rispose il cavallier: – Esser potria
che visto m’hai, dove non so né quando:
ben vo pel mondo anch’io la parte mia
strane aventure hor qua hor là cercando.
Forse la mia sorella stata fia,
che veste l’arme e porta al lato il brando;
che nacque meco, e tanto mi somiglia
che non ne può discerner la famiglia.
21
Né primo né secondo né sei quarto
de li huomini ch’errato habbiano in questo:
la donna ch’ambedui produsse a un parto
l’un da l’altro non scorge così presto.
È vero ch’el mio crin raccorcio e sparto
secondo il militar costume honesto,
et il suo lungo e in treccia al capo avolta,
ci solea far già differentia molta:
22
ma poi ch’un giorno ella ferita fu
nel capo (lungo saria a dirti come),
e per sanarla un servo di Iesù
a meza orecchia le tagliò le chiome,
alcun segno tra nui non restò più
di differentia, fuor che ’l sesso e il nome.
Ricciardetto son io, Bradamante ella;
io fratello a Rinaldo, essa sorella.
23
E se non t’increscesse l’ascoltare,
cosa direi che ti faria stupire,
occorsa per l’un l’altro assimigliare,
che fu al principio gioia, al fin martìre. –
Ruggier, che non volea d’altro parlare,
né d’altra historia gli piacea più udire
di quella in che ricordo intervenisse
de la sua donna, il priegò sì, che disse:
24
– Accadde a questi dì, che pei vicini
boschi passando la sorella mia,
ferita fu da un stuol de Saracini
che la trovò senza elmo in su la via,
e le fu forza di scorciarse i crini,
se vòlse risanar la piaga ria
che havea con gran periglio ne la testa;
e così scorcia errò per la foresta.
25
Giunse vagando ad una ombrosa fonte;
e perché afflitta e stanca ritrovosse,
da caval scese, e disarmò la fronte,
e su le tenere herbe addormentosse.
Io non credo che fabula si conte
che più di questa historia bella fosse.
Fiordispina di Spagna soprarriva,
che per cacciar nel bosco ne veniva.
26
E quando ritrovò la mia sirocchia
tutta coperta d’arme, excetto il viso,
c’havea la spada in luoco di connocchia,
le fu veder un cavallier aviso.
La faccia e le viril fattezze adocchia,
tanto ch’el cor se ne sentì conquiso;
l’invita a caccia, e tra le ombrose fronde
lunge da li altri al fin seco s’asconde.
27
Poi che l’ha seco in solitario luoco
dove non teme d’esser sopraggiunta,
con cenni e con parole a poco a poco
le scopre il fisso cor di grave punta.
Et hor con sguardi, hor con suspir di fuoco
le mostra l’alma di disio consunta:
hor si scolora in viso, hor si raccende;
tanto s’arrischia, ch’un bacio ne prende.
28
La mia sorella havea ben connosciuto
che questa donna in cambio l’havea tolta;
né dar poteale a quel bisogno aiuto,
e si trovava in grande impaccio avolta.
Le parve più honorevole e più tuto
dar di sé connoscenza a quella volta,
e dimostrarsi femina gentile,
ch’esser tenuta un huom da poco e vile.
29
Viltade e dapocaggine era expressa,
convenïente ad huom di legno o stucco,
con cui sì bella donna fusse messa,
piena di dolce e di nectareo succo,
e tuttavia stesse a parlar con essa,
tenendo basse l’ale come il cucco.
Con modo accorto il suo parlar ridusse,
che venne a dir come donzella fusse:
30
che gloria, come Hippolyta e Camilla,
cercava in l’arme; e in Aphrica era nata
sul lito estremo in la terra d’Arzilla,
a scudo e lancia da fanciulla usata.
Per questo non si smorza una scintilla
del fuoco ne la donna inamorata;
questo rimedio al’alta piaga è tardo,
tanto havea Amor cacciato inanzi il dardo.
31
Per questo non le par men bello il viso,
men belli i sguardi e men bell’i costumi;
per ciò non torna il cor, che già diviso
da lei, godea dentro li amati lumi.
Vedendola in quel habito, l’è aviso
che può far che ’l desir non la consumi;
e quando che è pur femina ella pensa,
lachryma e geme e mostra doglia immensa.
32
C’havesse il suo ramarico e il suo pianto
quel giorno udito, havria pianto con lei.
«Quai tormenti», dicea, «furon mai tanto
crudel, che più non sian crudeli i miei?
D’ogn’altro amor, o scelerato o santo,
il desïato fin sperar potrei;
saprei partir la rosa da le spine:
solo il mio desiderio è senza fine!
33
Se pur volevi, Amor, darmi tormento
che t’increscesse il mio felice stato,
d’alcun martìr devevi star contento
che fusse anchor ne li altri amanti usato.
Tra li huomini, tra fiere e tra l’armento
femina mai non ha femina amato:
non par la donna a l’altra donna bella,
né a cerva cerva, né alla agnella agnella.
34
In terra, in aria, in mar, sola son io
che patisco da te sì duro scempio;
e questo hai fatto acciò che l’error mio
sia nel imperio tuo l’ultimo exempio.
La moglie del Re Nino hebbe disio,
amando il figlio, scelerato et empio,
e Myrrha il padre, e la Cretense il Toro:
ma gli è più folle il mio ch’alcun di loro.
35
La femina nel maschio hebbe disegno,
speronne il fine, et hebbil, come io odo:
altra si chiuse in la vaccha di legno,
altre per varii mezi e vario modo.
Ma se volasse a me con ogni ingegno
Dedalo, non potria scioglier quel nodo
che fece il mastro troppo diligente,
Natura d’ogni cosa più possente».
36
Così si duole e si consuma e rode
la bella donna, e non s’accheta in fretta.
Maledice Natura e sé, e le frode
d’Amore e l’aspro giogo a che è suggetta.
Da pietà vinta, mia sorella ch’ode
è con lei spesso a suspirar constretta,
e del folle disio si studia trarla:
né vi fa alcun profitto, e invano parla.
37
Ella ch’aiuto cerca, e non conforto,
sempre più si lamenta e più si duole.
Era del giorno il termine homai corto;
che rosseggiava in Occidente il Sole,
hora opportuna da ritrarsi in porto
a chi la notte al bosco star non vuole;
quando la donna invitò Bradamante
a questa terra sua poco distante.
38
Non le seppe negar la mia sorella:
e così insieme ne vennero al luoco
dove la turba scelerata e fella
posto m’havria (se tu non v’eri) al fuoco.
Fece là dentro Fiordispina bella
la mia sirocchia accarezzar non poco:
e rivestita di feminil gonna,
connoscer fe’ a ciascun ch’ella era donna.
39
Perhò che connoscendo che nessuno
util le dava del virile aspetto,
non vòlse che le desse obbrobrio alcuno,
e tanto men che fôra senza effetto:
féllo ancho acciò ch’el mal c’havea da l’uno
virile habito, errando, già concetto,
con l’altro feminil, scoprendo il vero,
provassi di cacciar fuor del pensiero.
40
Commune il letto hebbon la notte insieme,
ma molto differente hebbon riposo;
che l’una dorme, e l’altra piagne e geme
del suo desir che sempre è più focoso.
E se ’l sonno talhor gli occhi le preme,
quel breve sonno è tutto imaginoso:
le par veder ch’el ciel l’habbia concesso
Bradamante cangiata in miglior sesso.
41
Quale all’infermo acceso di gran sete,
se in quella ingorda voglia s’addormenta,
nel’interrotta e turbida quïete
ogni chiaro ruscel se gli ramenta;
tale a costei di far sue voglie liete
l’imagine nel sonno rappresenta.
Si desta; e nel destar mette la mano,
e sempremai truova l’insogno vano.
42
Quanti prieghi la notte, quanti voti,
offerse al suo Machon e a tutti i dèi,
che con miracoli apparenti e noti
immutassero il sesso di costei!
ma tutti vede andar d’effetto vuoti,
e forse anchor ch’el ciel ridea di lei.
Passa la notte; e Phebo il capo biondo
trahea del mar e dava luce al mondo.
43
Poi ch’el dì venne e che lasciaro il letto,
a Fiordispina s’augumenta doglia;
che Bradamante ha del partir già detto,
ch’uscir di questo impaccio havea gran voglia.
La gentil donna un ottimo ginetto
in don da lei vuol che partendo toglia,
guarnito d’oro, et una sopravesta
che riccamente ha di sua man contesta.
44
Accompagnolla un pezzo Fiordispina,
poi lachrymando a’ suoi fece ritorno.
La mia sorella sì ratto camina,
che venne a Montalbano ancho quel giorno.
Noi suoi fratelli e la madre meschina
tutti le semo festeggiando intorno;
che, di lei non sentendo, havammo forte
dubbio havuto e timor de la sua morte.
45
Mirammo, al trar del elmo, il mozzo crine
ch’intorno al capo prima s’avolgeva;
così le sopraveste peregrine
ne fêr maravigliar, ch’indosso haveva.
Et ella il tutto dal principio al fine
narronne (come dianzi io vi diceva):
come ferita fusse al bosco, e come
lasciasse, per guarir, le belle chiome;
46
e come poi, dormendo in ripa al’acque,
la bella cacciatrice sopraggiunse,
a cui la falsa sua sembianza piacque;
e come da la schiera la disgiunse.
Poi del lamento d’essa non ne tacque,
che di pietade l’anima le punse;
e come alloggiò seco, e tutto quello
che fece sin che ritornò al castello.
47
Di Fiordispina gran notitia hebbi io
in Siragoza, e già la vidi in Francia;
e piacquer molto allo appetito mio
li suo’ begli occhi e la polita guancia:
ma non lasciai fermarvisi il disio;
che l’amar senza speme è sogno e ciancia.
Hor quando in tal ampiezza mi si porge,
l’antiqua fiamma subito risorge.
48
Di questa speme Amor ordisce il nodo,
che d’altre fila ordir non lo potea,
onde mi piglia: e mostra insieme il modo
che da la donna havrei quel ch’io chiedea.
A succeder serà facile il frodo;
che come spesso altri ingannato havea
questo, che a mia sorella mi assimiglio,
così farà la figlia di Marsiglio.
49
Faccio o non faccio? In summa i’ mi dispono
provar la mia aventura, o buona o ria.
Del mio pensier con altri non ragiono;
tanto aspettai ch’in casa si dormia.
Tacito vo là dove l’arme sono
e sopraveste de la sora mia:
tolgole col destriero e via camino,
né sto aspettar che luca il matutino.
50
Io me ne vo la notte, Amore è duce,
a ritrovar la bella Fiordispina;
e v’arrivai che non era la luce
del Sole al tutto ascosa in la marina.
Beato è chi correndo si conduce
prima de li altri a dirlo alla Reina,
da lei sperando per lo annoncio buono
acquistar gratia e riportar gran dono.
51
Tutti m’haveano tolto così in fallo,
come hai tu fatto anchor, per Bradamante;
tanto più che le vesti hebbi e il cavallo
con che partita era ella il giorno inante.
Vien Fiordispina di poco intervallo
con feste incontra e con carezze tante,
e con sì allegro viso e sì giocondo
che farne più non si potrebbe al mondo.
52
Le belle braccia al collo indi mi getta,
e dolcemente stringe, e bacia in bocca.
Tu pòi pensar allhor se la saetta
dirizzi Amor, s’en mezo il cor mi tocca.
Per man mi piglia, e in camera con fretta
mi mena; e non ad altri ch’a lei tocca
che da l’elmetto insino al spron mi slacci;
che nessuno ella vuol che se ne impacci.
53
Poi fattasi arrecare una sua veste
adorna e ricca, di sua man la spiega,
e come io fussi femina, mi veste
e in reticella d’oro il crin mi lega.
Io fingea i sguardi e le maniere honeste:
che donna io sia nessun mio gesto niega;
la voce, ch’accusar mi potea forse,
sì bene usai ch’alcun non se ne accorse.
54
Uscimmo poi là dove erano molte
persone in sala, cavallieri e donne,
da’ quali fummo con l’honor raccolte
ch’alle regine fassi e gran madonne.
Quivi d’alcuni mi risi io più volte,
che non sapendo ciò che sotto gonne
si nascondesse valido e gagliardo,
mi vagheggiavan con lascivo sguardo.
55
Poi che si fece la notte più grande,
essendo di gran pezzo già levata
la mensa, che fu d’ottime vivande,
qual la stagion dar puote, apparecchiata;
non aspetta la donna ch’io dimande
quel che m’era cagion del venir stata:
ella m’invita, per sua cortesia,
che quella notte a giacer seco io stia.
56
Poi che levati camerieri e paggi
si furo, e tutti i testimoni intorno,
io cominciai: «Madonna, acciò non haggi
haver ammiration del mio ritorno
e giudicare i modi miei non saggi,
ch’essendomi da te partito un giorno
con volontà di starne molto absente,
io sia tornato poi l’altro seguente,
57
la cagion dirò prima del partire,
acciò intendil del ritorno anchora.
S’io havessi connosciuto al tuo desire
di poter satisfar con mia dimora,
in tuo servigio vivere e morire
voluto havrei, né starti absente un’hora;
ma visto quanto il star mio ti nocessi,
per non poter più inanzi, andare elessi.
58
Fortuna mi tirò fuor del camino
in mezo un bosco d’intricati rami,
dove odo un grido risonar vicino,
come di donna che soccorso chiami.
V’accorro, e sopra un lago crystallino
ritrovo un Fauno c’havea preso alli hami
in mezo l’acqua una donzella nuda,
e mangiarse il crudel la volea cruda.
59
Colà mi trassi, e con la spada in mano,
perché aiutar non la potea altrimente,
tolsi di vita il pescator villano:
ella saltò nel’acqua immantinente.
“Non m’havrai (disse) dato aiuto invano:
ben ne serai premiato e riccamente
quanto chieder saprai, perché son Nympha
che vivo dentro a questa chiara lympha;
60
et ho possanza far cose stupende,
e sforzar li Elementi e la Natura.
Chiedi tu, e in quanto il mio valor s’estende
poi lascia a me di satisfarti cura.
Dal ciel la Luna al mio cantar discende,
s’aggiaccia il fuoco e l’aria si fa dura;
et ho talhor con semplici parole
mossa la terra, et ho fermato il Sole”.
61
A questa offerta io non dimando unire
thesor, né dominar populi e terre,
né in più virtù né in più vigor salire,
né vincer con honor tutte le guerre;
ma sol che qualche via, donde al disire
tuo sodisfaccia, mi schiuda e diserre:
né questa né quell’altra le propono,
ma mi rimetto al suo giudicio buono.
62
Hebbile a pena mia dimanda exposta,
ch’un’altra volta la vidi attuffata;
né fece al mio parlare altra risposta
che di spruzzar vêr me l’acqua incantata:
quel liquor non sì presto mi s’accosta,
ch’io (non so come) son tutta mutata.
Io ’l veggio, io ’l sento, e parmi a pena vero:
maschio son fatto, di femina ch’ero.
63
E se non fusse che la prova è appresso,
io son ben certo che nol crederesti.
Come hebbi in l’altro, ho così in questo sesso
tutti i miei sensi in ubidirti presti:
tu lor commanda, e trovaralli adesso
e sempremai per te vigili e desti».
Così le dissi; e feci ch’ella istessa
trovò con man la veritade expressa.
64
Come interviene a chi già fuor di speme
di cosa sia che nel pensier molto habbia,
che mentre più d’esserne privo geme,
più se n’afflige e se ne strugge e arrabbia;
poi la ritrovi, anchor tanto gli preme
l’haver gran tempo seminato in sabbia,
e la disperation l’ha sì mal uso,
che non crede a se stesso e sta confuso:
65
così la donna, poi che tocca e vede
quel di che havuto havea tanto disire,
a gli occhi, al tatto, a se stessa non crede,
e sta dubbiosa anchor di non dormire;
e buona prova bisognò a far fede
che sentia quel che le parea sentire.
«Fa’, Dio (disse ella), se son sogni questi,
ch’io dorma sempre e mai più non mi desti».
66
Non rumor di tamburi o suon di trombe
furon principio all’amoroso assalto,
ma baci ch’imitavan le colombe
davan segno hor di gire, hor di far alto.
Usammo altre arme che saette o frombe:
io senza scale in su la ròcca salto
et il stendardo piantovi di botto,
e la nemica fo restar di sotto.
67
Se fu quel letto la notte dinanti
pien di suspiri e di querele gravi,
non stette l’altra poi senza altrotanti
risi, feste, gioir, giuochi suavi.
Non con più nodi i flessüosi acanthi
pingonsi intorno alle colonne e i travi,
di quelli con che noi legàmo stretti
e colli e fianchi e braccia e gambe e petti.
68
La cosa stava tacita fra noi,
sì che durò il piacer per alcun mese:
pur si trovò chi se n’accorse poi,
tanto che con mio danno il Re l’intese.
Tu, che me liberasti da li suoi
e da la fiamma che per me s’accese,
comprendere hoggimai pòi tutto il resto;
ma Dio sa ben con che dolor ne resto. –
69
Così a Ruggier narrava Ricciardetto,
e la notturna via facea men grave,
salendo tuttavia verso un poggietto
cinto d’aspre pendici e ripe cave.
Un erto calle e pien di sassi e stretto
apria il camin con faticosa chiave.
Sedea al summo un castel detto Agrismonte,
ch’in guardia havea Aldigier di Chiaramonte.
70
Di Bovo era costui figlio bastardo,
fratel di Malagigi e di Viviano:
chi legittimo dice di Gerrardo
è testimonio temerario e vano.
Fusse come si voglia, era gagliardo,
prudente, liberal, cortese, humano;
e de’ fratelli suoi facea le mura
la notte e il dì guardar con buona cura.
71
Raccolse el cavallier cortesemente
(come devea) il cugin suo Ricciardetto,
ch’amò come fratello; e parimente
fu ben visto Ruggier per suo rispetto.
Ma non gli uscì già incontra allegramente
come era usato, anzi con tristo aspetto,
perché uno aviso il giorno havuto havea
che nel viso e nel cor mesto il facea.
72
A Ricciardetto in cambio di saluto
disse: – Fratello, haven nuova non buona.
Per certissimo messo hoggi ho saputo
che Bertolagi iniquo di Baiona
con Lanfusa crudel s’è convenuto,
che pretïose spoglie esso a lei dona,
et essa a lui dà nostri frati in mano,
il tuo buon Malagigi e il tuo Viviano.
73
Da indi in qua che Ferraù li prese,
sempre essa li ha tenuti a un suo castello,
fin che ’l brutto contratto e discortese
n’ha fatto col fellon di chi favello.
Li de’ mandar dimane al Maganzese
ne li confini di Baiona, e quello
verrà in persona a consegnar la mancia
ch’el miglior sangue compera di Francia.
74
Rinaldo nostro n’ho avisato hor hora,
et ho cacciato il messo di galoppo;
ma non mi par che arrivar possa ad hora
che non sia tarda, che ’l camino è troppo.
Io non ho meco gente da uscir fuora:
l’animo è pronto, ma ’l potere è zoppo.
Se li ha quel traditor, li fa morire;
sì che non so che far, non so che dire. –
75
La dura nuova a Ricciardetto spiace,
e perché spiace a lui, spiace a Ruggiero;
che poi che questo e quel vede che tace,
né trar profitto alcun del lor pensiero,
disse con grande ardir: – Datevi pace:
sopra me questa impresa tutta chero;
e la mia valerà per mille spade
a tornarvi i fratelli in libertade.
76
Io non voglio altra gente, altri sussidi;
che bastar solo credo a questo fatto:
io vi dimando solo un che me guidi
al luoco ove si de’ far il baratto.
Io vi farò sin qui sentir i gridi
di chi serà presente al rio contratto. –
Così dicea; né dicea cosa nuova
all’un di dui, che n’havea visto prova.
77
L’altro non l’ascoltava, se non quanto
s’ascolti un ch’assai parli e sappia poco;
ma Ricciardetto gli narrò da canto
come fu per costui tratto del fuoco;
e ch’era certo che maggior del vanto
faria veder l’effetto a tempo e a luoco:
gli diede allhora udienza più che prima,
e riverillo, e fe’ di lui gran stima.
78
Et alla mensa, ove la Copia fuse
el corno, l’honorò come suo donno.
Quivi senza altro aiuto si concluse
che liberare i dui fratelli ponno.
Intanto sopravenne e gli occhi chiuse
a signori e sergenti il pigro Sonno,
fuor che a Ruggier; che lui, per tener desto,
punse Amor sempre d’un pensier molesto.
79
Che si deggia partir lo cuoce e punge,
e che la donna sua prima non veggia;
e duolo a duolo e pena a pena giunge
ch’andar ch’ella nol sappia se ne deggia.
Gli era l’aviso reuscito lunge
di trovarla al castello, ove l’inveggia
e l’astio cortigian (come v’ho detto)
tratto havea sin al fuoco Ricciardetto.
80
Poi gli sovien ch’egli le havea promesso
di seco a Valspinosa ritrovarsi;
pensa ch’andar v’habbia ella, e quivi, d’esso
che non vi truovi poi, maravigliarsi.
Potesse almen mandar lettera o messo,
sì ch’ella non havesse a lamentarsi
che, oltra ch’egli mal le havea ubidito,
senza far motto anchor fusse partito.
81
Poi che più cose imaginate s’hebbe,
pensa scriverle al fin quanto gli accada;
e ben che egli non sappia come debbe
la lettera inviar, sì che ben vada,
non perhò vuol restar; che ben potrebbe
alcun messo fedel trovar per strada.
Più non s’indugia, e salta de le piume;
si fa dar charta, inchiostro, penna e lume.
82
Li camarier discreti et aveduti
arrecano a Ruggier ciò che commanda.
Egli comincia a scrivere, e i saluti
(come si suol) nei primi versi manda;
poi narra de li avisi che venuti
son dal suo Re, ch’aiuto gli dimanda;
e se l’andata sua non è ben presta,
o morto o in man de li nemici resta.
83
Poi seguitò, ch’essendo a tal partito
e ch’a lui per aiuto si volgea,
vedesse ella che ’l biasmo era infinito
s’a tanto uopo negar gli lo volea;
e ch’esso, a lei devendo esser marito,
guardarsi d’ogni macchia si devea;
che non si convenia con lei, che tutta
era sincera, alcuna cosa brutta.
84
E se mai per a dietro un nome chiaro,
per ben oprar, cercò che se gli desse,
e se tenuto mai se l’havea caro,
né voluto lasciar poi che l’havesse;
hor lo cercava, e gli facea riparo
maggior per conservar, ch’unque facesse,
devendone ella haver (che serìa in dui
corpi seco un voler) parte con lui.
85
E sì come già a bocca le havea detto,
le ridicea per questa charta anchora:
finito il tempo in che per fede astretto
era al suo Re, quando non prima mora,
che si faria christian così d’effetto
come egli fu di volontade ognhora;
e che a Rinaldo e agli altri frati suoi
per moglie dimandar la faria poi.
86
– Vorrei (le soggiungea), quando vi piaccia,
levar al mio signor l’assedio intorno
acciò che l’ignorante volgo taccia,
il qual direbbe, a mia vergogna e scorno:
Ruggier, mentre Agramante hebbe bonaccia,
mai non l’abbandonò notte né giorno;
hor che Fortuna per Carlo si piega,
egli col vincitor l’insegna spiega.
87
Voglio quindici dì termine o venti,
tanto che comparir possa una volta,
sì che de li Aphricani alloggiamenti
la grave ossedïon per me sia tolta;
intanto cercherò convenïenti
cagion, che parran giuste, di dar volta:
io vi dimando per mio honor sol questo;
tutto è poi vostro di mia vita il resto. –
88
In simili parole se diffuse
Ruggier, che tutte non so dirvi appieno;
e seguì con molt’altre, e non concluse
fin che non vide tutto il foglio pieno;
e poi piegò la lettera e la chiuse,
e suggellata la si pose in seno,
con speme che gli occorra il dì seguente
ch’alla donna la dia secretamente.
89
Chiusa c’hebbe la lettera, chiuse ancho
gli occhi sul letto, e ritrovò quïete;
ch’el Sonno venne, e sparse il corpo stanco
col ramo intinto nel liquor di Lethe:
e riposollo insin ch’un rosso e bianco
nembo di fiori in le contrade liete
del lucido Orïente, inanzi il giorno,
a sparger venne il bel sereno intorno.
90
E poi che a salutar la nuova luce
per verdi rami incominciâr li augelli,
Aldigier che devea la guida e il duce
esser de li compagni, e far con quelli
che non fussero in man del fero e truce
Bertolagi condotti i dui fratelli,
fu ’l primo in piede; e quando sentîr lui,
del letto usciro ancho quell’altri dui.
91
Poi che vestiti furo e bene armati,
co i dui cugin Ruggier si mette in via,
già molto indarno havendoli pregati
che questa impresa a lui tutta si dia;
ma essi, pel disir c’han di lor frati
e per non si lasciar di cortesia
vincer cotanto, più duri che sassi
negando fur che senza loro andassi.
92
Sul luoco fur quel dì che si devea
Malagigi mutar ne’ carrïaggi:
era un’ampla campagna che sedea
tutta scoperta alli celesti raggi;
né quivi allòr né mirto si vedea,
né cypressi né frassini né faggi,
ma nuda giara e qualche humìl virgulto
non mai da marra o mai da vomer culto.
93
Fermaronsi i campioni in un sentiero
che segnava per mezo la pianura.
Et ecco apparir loro un cavalliero
c’havea d’oro fregiata l’armatura;
ritratto havea nel scudo e sul cimiero
l’unico Augel che più d’un secol dura:
signor, non più, che giunto al fin mi veggio
del canto, e spatio a riposarmi chieggio.